di Michele Prospero su il manifesto – 10 giugno 2010
Con la Marcegaglia la recitazione di Berlusconi per ingraziarsi il sostegno della grande impresa non era andata bene. Al plebiscito improvvisato dal palco, per nominarla sul campo ministro per le infrastrutture, la platea della Confindustria aveva risposto con una freddezza glaciale. Un imperdonabile affronto per il premier che viene anche lui dalla trincea dell’impresa e si aspettava i segni esteriori di una spontanea cooperazione per via della comune appartenenza di classe. Con il grande capitale e la sua stampa i rapporti di Berlusconi non sono mai stati idilliaci. Agnelli lo considerava solo un pittoresco intruso, con cui però venire a patti, non fosse che per prosaiche ragioni di convenienza e di quieto vivere.
Per il Cavaliere, che i soldi si vanta di averli fatti da sé, i salotti buoni della borghesia e la nomenclatura dell’economia e della finanza appartengono alla disprezzata élite cui si compiace di non appartenere. Meglio, molto meglio il gradimento che il cavaliere ferito nell’onore riceve tra le truppe sterminate della neoborghesia. Prima con gli albergatori, ai quali aveva proposto uno spot con la sua voce sensuale per attrarre le valute pregiate dei turisti. Poi con i ruspanti padroncini della confartigianato Berlusconi sente la gradevole sensazione che c’è un ampio pezzo del paese che non l’abbandona, neppure nell’ora dell’isolamento.
Malgrado la crisi, e a dispetto del flop sensazionale del suo governicchio inconcludente nelle realizzazioni di grandi opere o nella riduzione delle aliquote fiscali, la neoborghesia dei capannoni, dei Suv e delle partite Iva è ancora con lui, e lo applaude a ripetizione. Il copione è sempre lo stesso. Salito sul palco che sente ancora amico, Berlusconi indossa la maschera del comico, fa battute, abbraccia il capo degli artigiani, lo strattona e lo rende confidenzialmente ridicolo, privo di qualsiasi ethos. Al gioco istrionesco, che lo pone in relazione simbiotica con la platea divertita dall’informale capo esuberante, segue l’immancabile e incendiario affondo contro la Costituzione: un inferno che lega le mani al grande decisore.
Le auree regole del parlamentarismo, le grigie procedure formali, la stantia separazione dei poteri, il pluralismo dell’informazione, che gli provoca il pessimo umore dopo 15 minuti, sono colpite al cuore come la fonte dei suoi vani (ormai ventennali) tentativi di modernizzare il paese. All’origine dell’incurabile male italiano Berlusconi pone soprattutto la Costituzione. Storie di ieri. La novità delle esternazioni di oggi è nel progetto scivoloso di creare una qualche base di massa all’assalto contro la Carta. Alla vecchia repubblica dei partiti fondata sul lavoro oppone ora la nuova repubblica delle partite Iva fondata sull’impresa.
Con la reiterata proposta di sovvertire l’articolo 41 della Costituzione, che gli pare ispirato alla Russia comunista, e per liberare quindi la libertà d’intrapresa da vincoli, coperture legali, funzioni sociali, Berlusconi sollecita la neoborghesia a prendere in appalto lo Stato. La sua finanziaria del resto è una mirabile costruzione ideologica all’insegna di due società sempre più incomunicanti. I sacrifici sono affibbiati solo ai lavoratori (quelli pubblici soprattutto, perché meschini fannulloni che campano sulle spalle del contribuente). L’altra parte della società, quella del lavoro autonomo e dell’impresa molecolare del capitalismo territoriale, è del tutto risparmiata.
Berlusconi sta disegnando una tipologia sociale che ha forti analogie con la Russia degli oligarchi. Due società che convivono nello stesso spazio. Una (ampia ma non maggioritaria) è molto ricca, dedita agli sfarzosi consumi voluttuari, all’acquisto di beni posizionali. Incline alla fuga dal fisco, essa è avvezza a trionfare nel deserto dei beni pubblici e nella tragedia degli spazi comuni. L’altra (tendenzialmente maggioritaria ma priva di autonomia politica) appare sempre più marginale, con salari che scendono ai livelli minimi, utili per la mera sopravvivenza della forza lavoro. Per la prima volta, un capo di governo italiano sta facendo come la Russia, quella di Putin però.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento