sabato 26 giugno 2010

Gelmini e l'ora di centrali nucleari

da: http://www.mazzetta.splinder.com/post/22335731/Gelmini:+lezioni+di+fantascien
mercoledì, 03 marzo 2010

Gelmini: lezioni di fantascienza nucleare
Ha destato appena qualche ilarità e qualche velato accenno ai metodi fascisti, la recente uscita con la quale il ministro Gelmini ha annunciato che intende offrire agli studenti lezioni sul tema del nucleare.

Come accade sempre con gli annunci di Gelmini non si capisce bene cosa la signora abbia in mente e come dovrebbe funzionare l'idea a regime, ma ci sono robusti indizi che spingono a ritenere che l'iniziativa, qualora portata a buon fine, si risolverebbe nell'ennesima buffonata.

Una buffonata che potrebbe essere imitata per "spingere" altri temi, dalla bioetica agli OGM, le possibilità sono quasi infinite ed è per questo che roba del genere non è nemmeno concepibile in un paese civile, figurarsi proporla come una grande idea.

L'intenzione è evidente e Gelmini non ne fa mistero, si tratta di ". ..offrire al Paese conoscenze approfondite su un tema propedeutico a scelte politiche". Il Ministro dell'Istruzione riconosce che nel paese c'è un'opinione pubblica fortemente ostile al nucleare, opinione che rema contro le intenzioni del suo governo e che quindi il suo ministero ha pensato bene di: "... fare una corretta informazione sui rischi, che sono davvero limitati". Cioè di mobilitare l'Istruzione Pubblica per sostenere i piani del governo minimizzando i rischi, evidentemente in questo caso non basta nemmeno il dominio dei media e la complicità di parte dell'opposizione.

Un orrore mai visto, una stupidaggine fantastica che poteva essere partorita solo da un demente e dietro la Gelmini abbiamo la certezza che se ne muovano parecchi. È una cosa talmente stupida che mi hanno fatto sorridere anche quelli che hanno evocato il Minculpop, com'è possibile pensare di convincere i giovani con espedienti del genere?

Com'è possibile immaginare che nel bel mezzo della mobilitazione generale della scuola contro i tagli selvaggi e le follie di Gelmini, gli studenti possano essere convinti a cambiare opinione con le veline governative recapitate in classe? Un dilettantismo che si sposa perfettamente con la pietosa qualità del personale politico berlusconiano, selezionato in base alla fedeltà e non certo per cpacità che non siano quelle strettamente muliebri.

Gelmini non è uno scienziato nucleare e quindi ha pensato bene di rivolgersi agli specialisti, ma non ai fisici e nemmeno ad altri scienziati, sarà infatti assistita nella missione dal Ministero della Salute: "Insieme al ministro della Salute Fazio stiamo costituendo un tavolo con esperti di medicina, con il coinvolgimento degli enti di ricerca competenti."

Medici per l'ora (le ore?) di nucleare?

Scelta bizzarra, non solo perché c'è il rischio di rivedere all'opera Topo Gigio ormai disoccupato causa fallimento della pandemia suina. Il buonsenso vorrebbe che, al limite, si chiamassero scienziati a dimostrare la sicurezza degli impianti, anche se questa è indimostrabile e se si tratterebbe di una menzogna, ma è facile capire dove vuole andare a parare il governo: convincere gli studenti che le radiazioni nucleari non sono pericolose.

La strada è stata aperta dal simpatico professor Franco Battaglia, l'uomo che dalle pagine de Il Giornale detta la linea sull'energia ai seguaci di Arcore. Battaglia non è uomo da mezze misure, nega il riscaldamento climatico, nega l'apporto antropico, si oppone alle energie rinnovabili ed è persino contrario al risparmio energetico perchè, dice lui, i posti di lavoro si creano consumando energia e non risparmiandola.
Battaglia, nomen omen, molla le sue opinioni contundenti con grande facilità e vigore, scrive anche dei libri che però non sono esattamente pubblicazioni scientifiche, piuttosto favolette per semplici. Pubblica i suoi temini con la prefazione di qualche politico di destra e poi si chiude nel mutismo più assoluto, non rispondendo all'indignazione che puntualmente solleva nel mondo scientifico.

Il suo gradimento del nucleare, unica soluzione energetica praticabile secondo lui, è rafforzato dalla convinzione che le radiazioni non facciano poi così male. Particolarmente curiosa la sua tesi sulla pericolosità delle scorie: "Chi la dice non capisce che è, questo, un pregio e non un difetto dei rifiuti radioattivi: la pericolosità dei rifiuti radioattivi diminuisce nel tempo, fino ad esaurirsi del tutto; al contrario di ciò che accade per i (mille volte più voluminosi) rifiuti tossici altamente pericolosi che già produciamo, la cui pericolosità è, invece, per sempre".

berlusconi-thumb-330x330Baggianate che stonerebbero anche in bocca allo scienziato pazzo del fumetto di fantascienza, ma questo tizio è accreditato articolista in forza al PDL e questa sembra proprio essere l'idea raccolta dalla Gelmini. Non si tratta di spiegare il nucleare, ma di diffondere la balla secondo la quale le radiazioni non fanno male.

Geniale, solo un genio può arrivare a suggerire che " un deposito di rifiuti radioattivi non è, come irresponsabilmente strillano gli ambientalisti, una discarica radioattiva, ma è un centro di radioprotezione a tecnologia avanzata, e gli abitanti vicini a esso - oltre a godere dei benefici per la presenza di tal centro e per gli inevitabili compensi da chi vi alloca i propri rifiuti radioattivi - potranno vantarsi di essere, senza alcun dubbio, i cittadini meglio radioprotetti del Paese".

Un genio incompreso, per il quale: "L'allocazione sicura dei rifiuti radioattivi, lungi dall'essere un problema irrisolto, è invece, dicevo, un problema di ingegneria semplicissimo e facilmente risolvibile", poi poco importa che nella realtà nessun paese al mondo abbia ancora risolto il semplicissimo problema d'ingegneria che Battaglia risolverebbe alla radice rinunciando ai depositi definitivi e accontentandosi di quelli provvisori, importa zero che non siano sicuri e che consegnino il problema ai nostri figli, all'epoca Battaglia e amichetti avranno già incassato la loro ricompensa.

Quindi l'iniziativa del governo mirerà verosimilmente a spiegare agli studenti che le radiazioni non fanno male, e che chi vive vicino alle discariche nucleari sarà tanto controllato da potersi vantare di essere periodicamente sottoposto agli esami. Che però servono proprio a controllare se non si sta morendo per le "buone" radiazioni di Battaglia, ma questo magari lo saltano. Salto opportuno, come quello che gli esponenti governativi fanno ogni volta che dicono che ai vicini alle centrali daranno un sacco di soldi.

Un salto che non potrà sfuggire agli studenti, come non sfugge ai cittadini che se arrivano un sacco di soldi è perché risarciscono qualcosa, proprio quel rischio e quei danni che si negano sfacciatamente. Dettagli, per Il Giornale, Battaglia e per il PDL le balle non sono mai state un gran problema, nemmeno quando sono platealmente evidenti.

Spero proprio che la lezione sul nucleare riesca a concretizzarsi, viste le premesse ci sono ottime probabilità che sia molto istruttiva per gli studenti, che così potranno toccare con mano la differenza tra l'arrogante propaganda governativa e realtà scientifica e fattuale. Un'esperienza di vita vissuta molto istruttiva e offerta dal Ministro Gelmini. Incredibile, ma vero, poteva succedere solo per sbaglio.

Arriva a Genova la nave dei diritti ma nessuno ne parla

La Nave dei diritti

post pubblicato il 26/06/2010 su: http://ultapelon.blogspot.com/2010/06/la-nave-dei-diritti.html
Arriverà oggi nel Porto di Genova la NAVE DEI DIRITTI , una nave appunto che è partita da Barcellona ieri sera e arriverà in Italia questa sera. A bordo di questa nave ci sono mille italiani residenti all'estero che con questa iniziativa vogliono far sentire la loro voce e portare testimonianza di quello che è diventata l'Italia vista al di fuori dell'Italia.
Queste persone vedono la loro nazione sempre più alla deriva, con moltissimi diritti violati e vedono i suoi abitanti sempre più inermi di fronte ad un'informazione sempre più di parte ed imbavagliata.
Da questa sera a Genova molte iniziative per confrontarsi, per sapere come i nostri connazionali all'estero ricevono notizie che spesso a noi vengono alterate o negate.
L'Italia viene vista all'estero come una nazione dove la mafia ha sempre più potere, dove cresce il razzismo, l'arroganza e la repressione, oltre che il malaffare. Veniamo visti come una nazione dove mancano completamente proposte per il lavoro e l'occupazione e dove il disinteresse per il bene comune aumenta continuamente.
l'Italia è un paese sempre più delle leggi ad personam, della mancanza di spazi di aggregazione, libertà e democrazia.
Per questo motivo da Barcellona è partita questa iniziativa, che ha visto unirsi anche italiani provenienti da altri paesi d'Europa e che vedrà in Genova il punto di incontro per manifestare una voglia di cambiare rotta e ritornare ad essere la nazione della cultura, dell'accoglienza e della democrazia.




DA BARCELLONA A GENOVA, ATTRACCA LA NAVE DEI DIRITTI

da: http://www.nuovaresistenza.org/2010/06/26/da-barcellona-a-genova-attracca-la-nave-dei-diritti/

post pubblicato il 26/06/2010

Arriva oggi nel capoluogo ligure che nel 2001 ospitò l’anti-G8 la nave con a bordo un migliaio di attivisti italiani che vivono in Europa e che non vogliono assistere da lontano al degrado del nostro Paese. Ad attenderli, un comitato d’accoglienza che ha costruito una sorta di social forum. Per due giorni si discuterà di beni comuni, nucleare, salute, chilometro zero e decrescitaGENOVA. Sbarcare per protestare, sbarcare per dire che vogliamo un’Italia diversa, sbarcare per difendere la democrazia, sbarcare per dire che siamo diventati un paese xenofobo e in preda a paure irrazionali: si potrebbe continuare la lista almeno con altri 400 motivi diversi, quanti sono gli italiani residenti all’estero che oggi saliranno su un traghetto di linea a Barcellona per arrivare a Genova domani pomeriggio. Una folla colorata che arriva dalla Spagna, dalla Francia e dal Belgio anche in treno o in auto. Sono gli italiani all’estero che hanno organizzato ‘Lo Sbarco della Nave dei diritti’ scegliendo Genova, luogo simbolo dei diritti dopo il G8 del 2001. Così i genovesi, pezzetti di Genoa social forum e nuove realtà che dieci anni fa non c’erano, si sono trovate a fare i conti con l’organizzazione di un’accoglienza che più che una protesta vuole essere una festa, con la caccia ai luoghi dove mettere a dormire la gente e a sale e piazze dove discutere e incontrarsi.
Come concordato tra organizzatori italiani e gli sbarcanti alcuni mesi fa, una rete capillare e differenziata che va dai Cobas, all’Arci e alla Fiom per passare da soggetti vari come le associazioni legate al mercato equosolidale, al consumo a chilometro zero piuttosto che a consumi ridotti e consapevoli, ci sarà una grande festa domani e 5 piazze tematiche domenica 27 giugno.
«Non pensavamo che potesse essere così impegnativo – commenta una delle organizzatrici, Rita Lavaggi, impegnata nel Ponente social forum nel 2001, poi in battaglie cittadine come la difesa del parco di Villa Rosa (pollice verso, il parcheggio si fa), candidata alle scorse comunali per Rifondazione comunista-Sinistra europea – abbiamo creato su due piedi una mailing lista di un centinaio di persone, ma il gruppo di coordinamento conta 15 soggetti, in pratica tre per piazza».
Mentre stampa febbrilmente le prime copie a colori dei fogli con le cinque piazze tematiche alle quali dare un’ultima occhiata, Rita racconta un po’ del 27: «Anche i luoghi scelti hanno un senso, ad esempio al Parco dell’Acquasola, già rovinato da un cantiere della metropolitana e dove si rischia venga costruito l’ennesimo parcheggio sotterraneo, sarà dedicata al Diritto alla cura dell’ambiente e al futuro, ci saranno associazioni come Terra, i coltivatori bio e le associazioni ambientaliste. Si parlerà dei beni comuni, del nucleare, di salute, chilometro zero e decrescita. Come le altre piazze, ogni luogo è articolato su un diritto ma poi diventa a cascata contenitore per altri».
Il Diritto al sapere e alla bellezza avrà la sua piazza a Sarzano con spazi concessi dalla Facoltà di architettura dell’università di Genova, dove si parlerà di scuola, arte, cultura. Ci saranno gli orchestrali del Teatro Carlo Felice che hanno appena firmato una pax col consiglio d’amministrazione, i precari della scuola, l’Onda, i docenti universitari in lotta, ma anche una delle scuole elementari più multiculturali della città, la Daneo, e poi Emergency. «Si parlerà anche di Bellezza perché cultura è anche quello e introduce un concetto di dignità altra rispetto a quella divulgata dai media e dai nostri governanti».
Per il Diritto alla dignità del lavoro in via Garibaldi, a Palazzo Tursi e Rosso, ci saranno i laboratori organizzati da una realtà toscana, ‘Mai piu’ disoccupati’, e tavoli tematici con la Fiom o letture di Generazioni di donne. A Tursi è stata organizzata anche una ‘Mantratona’, con i disoccupati toscani a leggere a più riprese gli articoli 1, 4 e 11 della nostra Costituzione. Un portavoce spiega che sarà una prova generale per il 29 giugno quando a Viareggio si terrà la commemorazione per le vittime del treno deragliato un anno fa.
La carrellata di parole, discussioni e idee continua a Matteotti col Diritto alla pace, un cavallo di battaglia del Centro documentazione per la pace che come Rete contro il G8 ha sempre mantenuto fede a un appuntamento settimanale: l’ora di silenzio ogni mercoledì sera a piazza De Ferrari per documentare i passanti sulle spese militari, le missioni all’estero, quelle in Afghanistan piuttosto che la Palestina. Insieme a loro ci saranno il Comitato per la pace Rachel Corrie, Mafalda, Amnesty e altri. Infine intorno alla Commenda, a un passo da via Prè, nella zona d’incontro dei latino americani e una delle aree più abitate dagli immigrati africani, si discuterà di Diritti alla differenza, «immigrati, gay, donne disabili», sintetizza Rita.
«Lo Sbarco è nato come un’accoglienza degli italiani che vivono all’estero ed è diventata una cosa enorme – riprende Lavaggi – praticamente una due giorni per dare voce e spazio a tutte quelle persone che senza fare cose eclatanti, col loro impegno, dal 2001 a oggi, non hanno smesso di combattere questa deriva e hanno cercato di tenere insieme un tessuto che si sta sfaldando. Genova è una città accogliente – ammette Rita – quindi lo Sbarco non è una forzatura ma un incontro felice. Abbiamo la consapevolezza di aver contribuito a creare una cosa che ha grande significato aggregante soprattutto fra i giovani, non parla politichese, è rimasta libera e autonoma e ha avuto la capacità di aggregare persone che non si riconoscono in partiti. Certo non è un altro G8 ma un modo per riprendere le fila».
Così, stabilito che su nessun palco salirà un politico, che realtà varie parteciperanno senza bandiere (persino il Popolo viola pare abbia rinunciato a sciarpe e magliette), gli organizzatori raccontano che è stato tutt’altro che facile combinare idee, progetti e linguaggi. «Le associazioni coinvolte nel G8 sono per lo più sparite – dice Rita – ci siamo trovati fra gente che ha voglia di collaborare, ma spesso ha fatto scelte di vita individuali, tipo vado a vivere in campagna, riduco i consumi. Dicono di farlo per salvare prima di tutto se stessi, mica gli altri. Noi un tempo pensavamo che da soli non si ottenesse niente».
Sorpresa, però, si sono affacciate nuove realtà. Ad esempio l’associazione Nuovi profili, italiani per antenati e italiani recenti con genitori immigrati, che non amano essere chiamati ‘seconda generazione’ e neppure terza ed erano tra i promotori dello sciopero internazionale del lavoro degli immigrati del Primo marzo scorso. Uno dei loro portavoce, Simohamed Kaabour, 28 anni, studente e lavoratore, commenta che hanno deciso di aderire perché «lo Sbarco è un evento particolare, una delle poche esperienze trasversali, una piattaforma nella quale si presentano varie realtà e ci è piaciuta perché se la sensazione è che oggi il lavoro sociale in Italia sia fatto dai singoli, in questo evento invece tutti si muovono insieme».
Kaabour racconta che Nuovi profili si aggregherà a diverse piazze, da quella del lavoro a quella dei diritti, perché «sentiamo sulla nostra pelle la precarietà anche quella dei diritti più elementari, a fronte di una società e anestetizzata che non trova la maniera di reagire. Questi eventi non influiranno su nessuna decisione del governo italiano – dice con convinzione – ma sono un esempio perché chi non riesce a reagire veda che la maggior parte delle persone sono disposte a cambiare le cose o vorrebbero che cambiassero».
Tra le curiosità, lo Sbarco diventerà anche un film grazie alla regista Adonella Marena (autrice tra l’altro del film sui No Tav ‘Il cartun d’le ribelliun, da Venaus a Roma a passo d’uomo’) che s’imbarcherà a Barcellona per arrivare e riprendere Genova. Per poi far ripartire i manifestanti su una nave alla fine della due giorni.


Per ulteriori informazioni si può consultare il sito dei promotori dll'iniziativa:  http://www.losbarco.org/

nave dei diritti, democrazia, Italia,
Spagna, Barcellona, Genova, informazione libera

giovedì 24 giugno 2010

Dopo l'ora di centrali nucleari adesso la Gelmini vuole insegnare il berlusconismo nelle scuole

  
La Gelmini: "Portiamo il berlusconismo nella cultura"

da http://www.agoravox.it/La-Gelmini-Portiamo-il.html
post pubblicato il 21 giugno 2010

Il ministro dell’Istruzione ha intenzione di promuovere il berlusconismo nelle scuole e nella cultura. L’ha detto a Il Giornale. E a me ha fatto paura. E ricordato un libretto che girava durante il fascismo.
La Gelmini: "Portiamo il berlusconismo nella cultura"
Ce n’è di gente da aggiungere alla lista dei peggiori: una schiera di inetti e facilitati, catapultati su poltrone che neppure pensavano esistere. Una sciagura: la gestione del Paese nella valigetta di perfetti incapaci.

E allora si piazzi pure quello stinco di santo di Brancher al Federalismo, a far coppia al “quasi-deambulante”, al secolo Umberto Bossi. Si scalfisca la figura istituzionale all’estero con ministri della fatta di Franco Frattini. Si citi un inqualificabile Calderoli a sbianchettare norme senza spiegarne la logica. Ma a me, a dirla tutta, preoccupa la Gelmini.

Lo leggi sul Giornale di ieri: il ministro dell’Istruzione ha intenzione di

    Proporre il berlusconismo, una conquista del Paese che vogliamo difendere non solo all’interno del Pdl ma anche in un ambito culturale in cui vige l’egemonia della sinistra, che pensa che il centrodestra sia privo di identità culturale. Invece il berlusconismo ha cambiato la politica e il Paese, richiamandosi alla rappresentanza popolare, alla chiarezza dei programmi e del linguaggio, al legame con gli elettori. Non è qualcosa da mettere tra parentesi, come vorrebbe la sinistra che propaga la sua retorica del pessimismo. Ma proprio perché è un momento di crisi e di difficoltà non si può diffondere sfiducia ma è necessario puntare sull’ottimismo della volontà.

Sì. Chi decide su scuola e formazione vuole instillare il germe del berlusconismo nelle aule, nella cultura. Insieme a Frattini e Bondi “abbiamo voluto agire nelle roccheforti della sinistra: la scuola, l’università”.

A me fa paura lei. Perché il suo è un dicastero fondante, è l’ossatura della società dei prossimi anni. Non sarà sufficiente cambiare montatura degli occhiali a ogni conferenza pubblica, come il ministro insegna. Spaventarsi prima, prego. Prima che ai bambini tocchi imparare che lui, Silvio Berlusconi,

    è un figlio del popolo venuto dalla miseria. E’ l’uomo più grande e più buono del mondo. Egli in un decennio ha fatto diventare l’Italia la prima nazione del mondo
    (“Libro Fascista del Balilla“, Vincenzo Meletti, adottato nelle scuole nel ‘34)

No perché ieri l’ha già detto.



Insegnare il berlusconismo nelle scuole

da: http://ladridimarmellate.blogspot.com/2010/06/insegnare-il-berlusconismo-nelle-scuole.html
post pubblicato il 24 giugno 2010

L'obiettivo di Mariastella Gelmini, ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, è sconcertante:

    Proporre il berlusconismo, una conquista del Paese che vogliamo difendere non solo all'interno del Pdl ma anche in un ambito culturale in cui vige l'egemonia della sinistra, che pensa che il centrodestra sia privo di identità culturale. Invece il berlusconismo ha cambiato la politica e il Paese, richiamandosi alla rappresentanza popolare, alla chiarezza dei programmi e del linguaggio, al legame con gli elettori.

L'identità culturale del berlusconismo è fatta di 3 reati estinti per prescrizione, 2 reati estinti per intervenuta amnistia, 2 Assoluzioni per variazioni della legge (leggi ad personam), 2 Archiviazioni per variazioni della legge (leggi ad personam), leggi incostituzionali, menzogne, accordi con capi di stato criminali, guerre mascherate da missioni di pace, razzismo, crimini contro l'umanità, corruzione, evasione fiscale, conflitto d'interessi, appartenenza ad associazioni segrete illegali (P2), legami mafiosi, culto della personalità tipica del fascismo, teledipendenza e la reiterata rappresentazione di una femminilità grottesca, volgare e umiliante.

Insegnare il berlusconismo nelle scuole... pensateci.

Spiagge pulite in tutta Europa, tranne che in Italia

di Marco Mancini http://www.ecologiae.com/spiagge-pulite-italia-europa/17366/
Se avete in programma di trascorrere le vostre vacanze estive prendendo la tintarella in spiaggia e facendo tuffi in un mare rinfrescante e pulito, non scegliete l’Italia. O almeno è questo che viene detto dall’Europa. Il Paese con più spiagge al mondo è anche quello con il maggior numero siti di balneazione costiera vietata a causa di qualità inadeguata dell’acqua rispetto a qualsiasi altra nazione europea.

In generale, che si tratti di acqua di mare, fiume o lago, in Europa la pulizia e la qualità continuano a migliorare, tranne che nel nostro Paese, come affermano gli osservatori dell’UE in una relazione pubblicata recentemente. Secondo l’ultimo Rapporto sulla qualità della balneazione della Commissione europea,il 96% delle spiagge costiere dell’UE ha soddisfatto gli standard minimi [come hanno fatto] il 90% delle spiagge vicino a fiumi e laghi.

Questo segna un notevole miglioramento negli ultimi due decenni, soprattutto per le acque interne, dato che solo il 52% delle spiagge soddisfacevano gli standard nel 1990. Dal punto di vista del mare, le spiagge di Cipro, Francia, Grecia e Portogallo sono classificate come le più pulite tra le zone a maggior attrazione turistica. Il rapporto poi aggiunge:

Tuttavia, circa il 2% delle zone costiere di balneazione doveva essere bandito nel 2009 e la maggior parte di queste si trovano in uno Stato membro, l’Italia. Inoltre, solo il 46,4% dei siti di balneazione interni italiani hanno soddisfatto i livelli minimi di qualità dell’UE lo scorso anno, in calo del 19,4% dal 2008. I risultati hanno spinto il commissario all’ambiente dell’Unione europea ad ammettere che non sarebbe andato in vacanza in quel Paese.

Per un tuffo nei fiumi e nei laghi, Finlandia, Francia, Germania e Svezia sono le migliori località europee. Certo è che dopo aver sbandierato l’aumento della qualità delle nostre coste che hanno ottenuto il record di bandiere blu, una valutazione così negativa non farà altro che tagliare le gambe al buon nome dell’Italia.

vacanze, spiaggia, mare, divieto di balneazione, siti di balneazione

domenica 20 giugno 2010

PER SALVARE IL LORO UOMO HANNO CREATO UN NUOVO -INUTILE- MINISTERO

Brancher ministro: il 26 giugno doveva essere processato
da: http://steff2410.tumblr.com/post/713819265/brancher-ministro-il-26-giugno-doveva-essere-processato
Ieri il premier non ha mostrato certo una spiccata sensibilità istituzionale proponendo al Presidente della Repubblica Napolitano, che ovviamente non poteva far altro, la nomina di Aldo Brancher a ministro per l’attuazione del federalismo. Si è trattato infatti di una scelta, secondo quello che dicono a Palazzo Grazioli e nel Pdl, spiegabile solo con l’esigenza di evitargli, in virtù della nuova legge sul legittimo impedimento, il processo per la vicenda Antonveneta che lo vede imputato di appropriazione indebita con l’accusa di aver ricevuto versamenti in contanti da Giampiero Fiorani...

Brancher nuovo Ministro del Federalismo. L'ex uomo Fininvest che piace a Bossi. Tra guai giudiziari e politica
 
da: http://www.dongiorgio.it/pagine.php?id=2136
... Deputato della Repubblica. Eletto in Veneto. È stato il regista del nuovo accordo tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, che ha portato la Casa delle libertà alla vittoria elettorale del 2001. Era prete paolino e manager pubblicitario di Famiglia cristiana. Don Aldo, giovane e brillante, era il braccio destro del mitico don Emilio Mammana, che aprì il primo ufficio pubblicità di Famiglia cristiana a Milano, facendo uscire il settimanale dall'ambiente provinciale di Alba e dalle sacrestie. Grazie a don Mammana, Famiglia cristiana divenne uno dei settimanali italiani più venduti e più ricchi di pubblicità. Accanto a don Mammana c'era sempre lui, don Aldo, pretino giovane e spregiudicato, guardato con un po' d'apprensione dalle segretarie, per via dei suoi modi, non proprio da prete fedele al voto di castità. I soldi che faceva girare erano tanti e il ragazzo era svelto. Forse troppo. Tanto che don Zega, allora direttore di Famiglia cristiana, arrivò ai ferri corti con don Aldo. Sarà per questo, o per una donna che era entrata stabilmente nella sua vita, ma comunque Brancher lasciò i paolini, cambiò vita, abbandonò il sacerdozio. Ma non la pubblicità: divenne collaboratore di Fedele Confalonieri e manager di Publitalia, la concessionaria di pubblicità della Fininvest. "Don Aldo sta facendo carriera", dicevano di lui i suoi vecchi colleghi di Famiglia cristiana. La carriera sembrò interrompersi nel 1993, quando fu arrestato da Antonio Di Pietro per tangenti (300 milioni al ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, per la pubblicità contro l'Aids assegnata dal ministero alle reti Fininvest). È subito ribattezzato "il Greganti della Fininvest" perché in cella non aprì bocca, non raccontò i segreti delle tangenti Fininvest. Condannato (in appello) a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio e violazione della legge sul finanaziamento ai partiti. Per la sua fedeltà aziendale fu premiato: divenne responsabile di Forza Italia nel Nord e poi, nel 2001, candidato alla Camera in Veneto, eletto senza problemi e subito nominato da Berlusconi sottosegretario alle Riforme e alla devoluzione. Lavora accanto al neo-ministro Umberto Bossi, che ha convinto ad abbandonare i toni anti-Berlusconi per allearsi nel 2001 con Forza Italia.

venerdì 18 giugno 2010

Digitale terrestre, fregatura spaziale (2)

Tv/ Tribunale Ue boccia ricorso Mediaset su aiuti per decoder. Vanno restituiti aiuti di Stato per passaggio digitale terrestre

Post pubblicato il 15 giu 2010 su:
http://www.dailyblog.it/

Bruxelles, 15 giu. (Apcom) – Il Tribunale di primo grado dell’Ue, con una sentenza emessa oggi a Lussemburgo, ha respinto il ricorso di Mediaset contro la decisione del 2007 con cui la Commissione europea aveva imposto il recupero dei contributi pubblici per i decoder, concessi a favore delle emittenti digitali terrestri che offrivano servizi di televisione a pagamento.

Il Tribunale Ue ha confermato il giudizio della Commissione, secondo cui i contributi per i decoder, che avevano permesso alle emittenti di promuovere i loro servizi a pagamento sul digitale terrestre, costituiscono un aiuto di Stato e devono essere recuperati, in quanto si tratta di una misura non neutrale dal punto di vista tecnologico, che attribuisce alle emittenti digitali terrestri un vantaggio indiretto a danno delle emittenti satellitari.

Nell’ambito del passaggio al digitale terrestre, avviato in Italia nel 2001 e il cui completamento previsto per il novembre del 2012, la legge finanziaria del 2004 aveva deciso un contributo pubblico di 150 euro per ogni utente che avesse acquistato o locato un apparecchio per la ricezione di segnali televisivi digitali terrestri. Lo stesso aiuto veniva rifinanziato, nel 2005, per un importo ridotto a 70 euro. Il limite di spesa del contributo ammontava, per ogni anno, a 110 milioni di euro.

Successivamente, a seguito delle denunce presentate da emittenti satellitari (in particolare, Centro Europa 7 Srl e Sky Italia Srl), la Commissione aveva avviava un procedimento formale di indagine e, nel 2007, aveva qualificato il contributo pubblico per i decoder come aiuto di Stato a favore delle emittenti digitali terrestri che offrivano servizi di televisione a pagamento, in particolare servizi “pay per view”, nonché di operatori via cavo fornitori di servizi televisivi digitali a pagamento.

Per la Commissione, sebbene il passaggio alla radiodiffusione televisiva digitale costituisse un obiettivo di interesse comune, il contributo risultava sproporzionato e non evitava inutili distorsioni della concorrenza. In particolare, stabiliva la Commissione, non applicandosi ai decoder digitali satellitari, la misura non era tecnologicamente neutra. La decisione di Bruxelles imponeva all’Italia di procedere al recupero, nei confronti dei beneficiari (ossia le emeittenti digitali terrestri), dell’aiuto e dei relativi interessi.

Contro la decisione della Commissione Mediaset aveva presentato un ricorso presso il Trbunale di primo grado, al fine di ottenerne l’annullamento, ma con la sentenza di oggi il Tribunale lo ha respinto in toto.

mercoledì 16 giugno 2010

Allergia alle critiche: l'Osce, il governo italiano e la legge-bavaglio

Bizzarra reazione di Frattini alle critiche dell'Osce conto i ddl intercettazioni
Post n°1756 pubblicato il 16 Giugno 2010 da labirintodifuoco

http://blog.libero.it/philia/8950486.html

Ovviamente non è mancato qualche intervento, più che altro servile, per criticare l'Osce e guadagnare punti nella considerazione del duce, il quale è sempre felice che venga contrastato qualunque organismo che limiti il suo stesso potere. L'intervento di ieri dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sul Ddl intercettazioni, un intervento ispirato da un senso democratico e istituzionale che dovrebbe essere normale i Europa, dove le dittature sono state abbattute da anni, è giudicato "inopportuno" dalla Farnesina. Ovviamente però Frattini non può contestare l'Osce nel merito. Ad Apcom il portavoce del ministero degli Esteri, Maurizio Massari. ha dichiarato che "Abbiamo fatto presente attraverso i nostri canali diplomatici - pur riconoscendo l'importanza del lavoro dell'Osce in questo settore - l'inopportunità di pubblicizzare uno statement su una misura legislativa, il cui iter parlamentare è ancora in corso", ha detto il portavoce. "Così si rischia di interferire e di turbare il dibattito del Parlamento". "Noi non disconosciamo il lavoro dell'Osce - ha sottolineato Massari - ma giudichiamo inopportuno il 'timing'" del suo intervento. L'Osce, con una nota pubblicata sul suo sito web, ha chiesto all'Italia di non approvare definitivamente nella versione uscita dal Senato il testo di legge sulle intercettazioni proposto dal Governo Berlusconi. "Il progetto di legge approvato dal Senato nella sua formulazione attuale - afferma Dunja Mijatovic, la delegata Osce per l'Informazione - contraddice le raccomandazioni dell'Osce, specialmente nella misura in cui proibisce l'uso di alcune fonti confidenziali e materiali che possono essere necessari per indagini giornalistiche significative al servizio della democrazia". Ce lo devono dire dall'estero!!! Ci sono italiani che ritengono che la privacy di chi è dedito al malaffare, al crimine, alla distruzione delle istituzioni democratiche, sia più importante delle indagini dei pubblici ministeri!

Inoltre chiunque può notare che in Italia il lavoro del Parlamento è turbato da tempo al punto che lo stesso capo dello Stato, che nessuno considera un estremista né un temerario, né uomo da cui aspettarsi interventi audaci o fuor di misura, ha rimproverato il governo per il continuo ricorso al voto di fiducia e ai maxi-emendamenti stracarichi di argomenti eterogenei che il Parlamento dovrebbe votare in tempi strettissimi a causa dell'emergenza (o passa il maxi-emendameno o salta la legge). Dunque non è l'Osce che mette in difficoltà il governo. E' il governo che lavora in modo inconsueto e non è in grado, almeno sinora ha mostrato questo difetto e pare che ne dimostrerà altri se passerà il ddl anti-intercetttazioni, di esprimersi seguendo i principi di fondo della democrazia, una forma di stato e di governo che prevede una magistratura libera di indagare, come stabilito dalla Costituzione. In nessun Paese europeo il poprietario di tre tv private, per nominare solo le principali, è capo del governo. Inutile quindi sostenere che i pm in altri Paesi godono di minore indipendenza. La magistratura non è una casta di intoccabili (vengono continuamente bersagliati da polemiche spaventose da parte del premier): ha anzi bisogno di maggiori risorse per contrastare la criminalità organizzata e tutelare le istituzioni democratiche.


No dell'OSCE al ddl intercettazioni
È la seconda bocciatura internazionale dopo quella del Dipartimento di giustizia americano


di Sara Nicoli

IIl Pdl la chiama “un'incredbile invasione di campo”: la bocciatura del disegno di legge sulle intercettazioni che è arrivata ieri sera dall’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) viene accolta come un trauma dal governo. L'organizzazione, specializzata nel controllo delle procedure democratiche in Paesi a rischio autoritario, invita l'Italia a rinunciare al ddl intercettazioni o, almeno, a modificarlo sulla base degli standard europei sulla libertà di espressione. “Così Fini ne avrà un’altra da dire”, ha subito commentato, rabbioso, il Cavaliere che ha ordinato al ministro degli Esteri Franco Frattini di intervenire. Il risultato è una presa di posizione ufficiale della Farnesina che trasforma la bocciatura in un caso diplomatico: “Da parte italiana, attraverso icanali diplomatici, è stata fatta notare con fermezza l'inopportunità di tale intervento”, dice il portavoce del ministero degli Esteri. E' la seconda bocciatura internazionale in poche settimane per il governo, dopo quella del Dipartimento di giustizia americano che, con il portavoce Lanny Bauer aveva ricordato come intercettare sia “essenziale” per le indagini.

E adesso, Dunja Mijatovic, responsabile dell’Osce per la libertà dei media, è ancora più esplicita: "Sono preoccupata che il Senato abbia approvato una legge che potrebbe seriamente ostacolare il giornalismo investigativo in Italia. I giornalisti devono essere liberi di riferire su tutti i casi di pubblico interesse e devono poter scegliere come condurre una indagine responsabile” . Il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Osvaldo Napoli, commenta subito: “ La signora Dunja Mijatovic è stata nominata all’incarico soltanto il 3 marzo scorso e probabilmente non ha ancora avuto modo neppure di leggere il testo.

L'Osce in quanto tale non ha espresso nessun voto nè adottato decisioni di alcun genere perchè è un club, costoso e raffinato, ma sostanzialmente inutile”. Dentro il Pdl, poi, c’è la solita aria da resa dei conti. Che potrebbe consumarsi anche oggi pomeriggio, durante un vertice di partito che Silvio Berlusconi ha convocato proprio per dire l’ultima parola sulla questione delle intercettazioni. Dietro, però, c’è molto di più. “La questione – racconta Napoli – è stata gestita male, ma c’è un patto che va rispettato; io trasecolo a sentire che dopo due anni e mezzo non ci sarebbe fretta per approvare il ddl, come dice Fini”. Così, mentre Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl, ieri ha serrato le fila obbligando – con una lettera – i deputati ad assicurare la presenza in aula anche la prima settimana d’agosto, la presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno (che sarà anche relatore), ha calendarizzato per giovedì prossimo l’inizio dei lavori sul ddl. Il Cavaliere, però, frigge. Non si fida più dei finiani e teme che i lavori parlamentari possano riservare sorprese. Con i finiani in ordine sparso, poi, è praticamente impossibile “controllare il territorio”, sottolinea un altro falco. “Non siamo disponibili a votare il testo blindato che è uscito dal Senato – spiegava ieri il finiano Carmelo Briguglio – e sarebbe meglio tenere il cantiere aperto; oppure è meglio prepararsi ad uno scontro istituzionale con il Quirinale”. I finiani, poi, non si stanno organizzando solo sul fronte delle intercettazioni. Anche la manovra è nel mirino. Guidati da Mario Baldassarri stanno preparando una sorta di “contromanovra” con emendamenti firmati da tutta la pattuglia. In ambienti vicini a Palazzo Grazioli si parla di un Berlusconi deciso a “chiudere la partita con Fini” il più presto possibile.

da Il Fatto Quotidiano del 16 giugno 2010
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2499683&title=2499683
democrazia, Frattini, intercettazioni, Osce, legge bavaglio, libertà di espressione, libertà di stampa

domenica 13 giugno 2010

Cari Onorevoli Cassinelli e Palmieri, abrogate il comma ammazza-blog.

Post pubblicato il 10 giugno 2010 su: http://ilnichilista.wordpress.com/2010/06/11/cari-onorevoli-cassinelli-e-palmieri-abrogate-il-comma-ammazza-blog/
(Fabio Chiusi)

Onorevoli Cassinelli e Palmieri,

come certamente saprete il disegno di legge sulle intercettazioni al comma 29, articolo 1, prevede l’estensione dell’obbligo di rettifica contenuto nella disciplina sulla stampa ai “siti informatici”. Il che, tradotto dal linguaggio del diritto a quello ordinario, significa che un blogger come il sottoscritto avrebbe – in caso di approvazione definitiva alla Camera – il dovere di rettificare una notizia entro 48 ore dalla richiesta, pena una multa fino a 12500 euro. Se da un lato chi fa informazione, è vero, deve ricercare la massima correttezza, è altrettanto vero che questa misura, non tenendo conto della distinzione tra giornalismo professionale e amatoriale né delle dinamiche della Rete, rischia di tradursi in un puro e semplice deterrente per chi, come il sottoscritto, ritenga che ogni cittadino abbia il diritto di provare a fare informazione ed esprimere liberamente la propria opinione.

Provate, Onorevoli, a pensare a che accadrebbe nel caso questo comma diventasse legge. Come reagirebbe la grande maggioranza dei blogger di fronte a una richiesta, fondata o meno, di rettifica di una notizia? Quanti tra i comuni cittadini che, pur senza disporre della professionalità, della competenza e delle tutele di un giornalista vero e proprio, tengono un blog sarebbero disposti a interpellare un avvocato, sostenere spese legali e insomma complicarsi dannatamente la vita a fronte di una attività che oltre a costare molte ore al giorno non produce alcuna remunerazione? Pochi, credo. La maggior parte, per evitare ulteriori conseguenze, procederebbe alla rettifica. Magari prima di verificare se vi fosse realmente un motivo per farlo. E se un blogger, per qualunque ragione, si assentasse dal monitor per più di quarantotto ore (basta un week-end al mare) proprio mentre riceve una richiesta di rettifica? Sarebbe giusto costringerlo a pagare una multa?

A me sembra che questa idea di libertà di espressione in Rete non corrisponda alla vostra. Diversi episodi della vostra recente storia politica lo testimoniano. Lei, Onorevole Palmieri, ha dichiarato ad esempio in una intervista con Alessandro Gilioli, che l’obbligo di rettifica “andrebbe applicato soltanto a chi fa l’informazione di professione“. E lei, Onorevole Cassinelli, ha ripetutamente manifestato il suo interesse a una libertà di espressione in Rete che non preveda filtri preventivi o censure (come nel caso della sua opposizione all’emendamento D’Alia) ma che invece sia regolamentata da un legislatore competente e attento alle istanze degli esperti della Rete.

Ciò non significa, si badi bene, che a un blogger tutto sia concesso: chi compie apologia di reato o diffama deve essere perseguito, fuori come dentro la Rete. Ma gli strumenti per farlo ci sono già. Aggiungere a questi strumenti un comma come quello previsto dal ddl sulle intercettazioni risponde unicamente, a mio avviso, a una volontà se non censoria quantomeno eccessivamente cautelativa di fronte ai pericoli derivanti da una notizia diffusa su un blog. Vorrei a questo proposito sottolineare come se da un lato è vero che spesso circolino “bufale” e mezze-falsità in Rete, è altrettanto vero che i blog più frequentati – e dunque quelli potenzialmente più “diffamatori” o dannosi per la verità in termini di bacino di utenza – sono anche quelli che ricevono il maggior numero di commenti. Tra questi, di norma, vi sono già richieste di rettifica da parte dei lettori più attenti. La sanzione, in questo caso, è “morale”: chi troppo sbaglia (magari senza correggersi) perde credibilità e, un po’ alla volta, lettori. Ripiombando nel mare di blog che magari contengono molte inesattezze, ma hanno pochissimo seguito e dunque faticano ad apparire sui motori di ricerca. A questo modo, i loro errori restano a disposizione di tutti, è vero, ma vengono realmente reperiti da pochi che, inoltre, possono far valere una “fonte” ben poco autorevole nel caso volessero utilizzarli contro qualcuno.

Alla luce di tutto questo, cari Onorevoli, ho l’ardire di chiedervi – molto immodestamente – di opporvi alla Camera dei Deputati al mantenimento del comma 29 nel testo definitivo del disegno di legge sulle intercettazioni. Proponendo un vostro emendamento, o magari appoggiando quello ipotizzato dai senatori Vincenzo Vita e Felice Casson. Credo che rendervi corresponsabili di una misura così antistorica, così irrispettosa del buonsenso e del funzionamento della Rete non appartenga alla vostra tradizione e al vostro curriculum di attività politica. Un atto di coraggio, anche simbolico, farebbe sì che la Rete continuasse a ritenervi un interlocutore Istituzionale serio e aperto all’ascolto. Internet, lo ricordava il presidente della Camera Gianfranco Fini, è prima di tutto uno strumento di libertà, accoglienza, scambio e condivisione. Dimostrateci con i fatti di essere dello stesso avviso.

   

sabato 12 giugno 2010

Miracolo italiano: il 46,9 % delle pensioni non supera i 550 euro al mese

Leggo su La Repubblica di ieri (http://www.repubblica.it/economia/2010/06/11/news/pensioni_istat-4754438/):
... Il 45,9% dei pensionati vive con meno di 550 euro al mese, cioè quasi uno su due. Mentre un altro 26% non raggiunge i mille euro che sommato al primo gruppo arriva a 71,9%. Un ulteriore 13,4 per cento di pensioni vigenti al 31 dicembre 2008 presenta importi compresi tra 1.000 e 1.500 euro mensili e il restante 14,7% del totale ha importi mensili superiori a 1.500 euro. E' quanto emerge dal rapporto su 'trattamenti pensionistici e beneficiari' elaborato dall'Istat in collaborazione con l'Inps.. Nel 2008 il numero dei titolari di prestazioni pensionistiche è di quasi 16,8 milioni... "
Quindi, se la matematica non è un opinione, esistono 7,71 milioni di persone in Italia che vivono con meno di 550 euro al mese. E sono persone anziane o quasi, magari con una serie di disagi da affrontare. Queste persone possono permettersi di spendere meno di 18 euro al giorno per soddisfare tutti i loro bisogni: un probabile affitto, spese per la casa, per mangiare, vestirsi, informarsi, spostarsi, per tutto insomma.  

Su il Giornale di oggi ("Pensioni più alte al Centro, in coda il Sud" 12 giugno 2010) ho trovato un commento curioso:
...«Purtroppo i nostri pensionati ricevono assegni molto modesti, ma in compenso il nostro Paese ha una spesa complessiva per la previdenza che è la più alta d’Europa - commenta il segretario della Cgia di Mestre (associazione piccoli artigiani) Giuseppe Bortolussi -. Indubbiamente c’è qualcosa che non va. In passato abbiamo usato la previdenza come un vero ammortizzatore sociale, togliendo risorse importanti per l’esclusione sociale, la disoccupazione e la famiglia. In pratica, nel nostro Paese, con la spesa per la protezione sociale totale pari a 100, il 60,7 va in pensione contro una media Ue-15 pari a 45,7»...
Tra le righe viene suggerito che una tale disparità debba essere ridotta in qualche maniera. Abbassiamo le pensioni di un 20% suggerirei io, soprattutto quelle più basse. Tanto sono animali, continueranno a votare per voi, come hanno sempre fatto.

venerdì 11 giugno 2010

Le morti bianche ignorate dal Governo - Tremonti cancella pure l’ISPESL

Le morti bianche ignorate dal Governo Tremonti cancella pure l’ISPESLL'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL ) è stato inspiegabilmente inserito dalla manovra finanziaria nell'elenco delle strutture da chiudere, perché considerato dal Governo un "ente inutile".
Si tratta invece di un importante organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale, che si occupa di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, assistenza, alta formazione, informazione e documentazione in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, di sicurezza sul lavoro nonché di promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro. 
Si avvalgono di questo istituto, che ha come obiettivo principale quello di offrire massime garanzie in materia di prevenzione dagli infortuni, sicurezza sul lavoro, tutela della salute a tutti i lavoratori, non solo gli organi centrali dello Stato preposti ai settori della salute, dell'ambiente, del lavoro e della produzione, ma anche le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Attraverso un comunicato stampa, l'ISPESL ha risposto affermando di non essere un ente inutile, ma "indispensabile per la sicurezza e la salute dei lavoratori italiani. Con il provvedimento del Governo si chiude l’unico ente di ricerca del Paese".
Sentirlo definire un ente inutile è un'offesa per tutti i lavoratori, oltreché priva di fondamento. Infatti, nel suo trentennale lavoro quotidiano, attraverso l’impegno e il sacrificio di ingegneri, medici, chimici, fisici e biologi, pur nella scarsità di mezzi, ha garantito un apporto insostituibile di conoscenze, esperienze e formazione al sistema produttivo del nostro Paese nel delicato settore della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori; ha fornito un patrimonio per l’Italia apprezzato e riconosciuto non solo in ambito scientifico nazionale e internazionale, ma da tutte le organizzazioni datoriali e sindacali.
Se gli infortuni mortali annui sul lavoro sono diminuiti da 1600 a 1200, ciò è dovuto anche alle innumerevoli iniziative portate avanti dall’ISPESL. L’ente, nonostante dal 2000 abbia registrato una costante e vertiginosa riduzione di fondi, dimezzati da 110 a 58 milioni di euro, e insieme una drastica diminuzione del personale per raggiunti limiti di età (senza la possibilità di turn over per il blocco delle assunzioni), non ha mai ridotto il proprio impegno per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. 
L’istituto in questi anni ha continuato a battersi per ottenere i mezzi necessari all'esercizio delle proprie funzioni. Ha, infatti, accresciuto e ampliato tutti i possibili servizi che la legge gli consente di fare, riuscendo persino ad incrementare notevolmente le proprie entrate. E oggi, nonostante il dimezzamento dei fondi, è in grado di autofinanziarsi per più del 60% dello stanziamento che perviene dallo Stato.
E questo lo si può considerare un ente inutile? Sarebbe interessante sapere con quale logica il Governo sia arrivato a disporne la soppressione. Se lo chiedono il personale dell'organo e soprattutto i lavoratori e i familiari delle vittime sul lavoro.

diana popescu    8 Giugno 2010

da: http://www.rosarossaonline.it/dettaglio.php?id=5305
   

L'ISPESL SOTTO L'INAIL ADDIO AI RISARCIMENTI?
LIBERAZIONE  4 giugno 2010

Dopo i tagli della manovra si rischia che i riconoscimenti delle malattie professionali siano sempre meno L`Ispels Sotto l`mali ¦ addio ai risarcìrnenti? . Daniele Nalbone Razionalizzare e semplificare. Con queste due parole d`ordine l`articolo 7 della manovra finanziaria voluta da Tremonti ha sancito la morte di molti enti pubblici. Si va dall`Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro), che finirà sotto l`egida dell`Inail, per un risparmio di circa 400mila euro, al Centro per la Formazione in Economia e Politica dello Sviluppo Rurale che porterà a un risparmio di ben 8900 euro l`anno (!). In fondo, come ha spiegato il ministro Tremonti, «è dai piccoli numeri che si fanno i grandi numeri». Ma analizzando i singoli casi, non è difficile constatare come, in realtà, dietro ogni taglio c`è molto di-più di un semplice risparmio. In molti casi, il vero problema è l`onnipresente "conflitto d`interessi". Prendendo ad esempio proprio uno dei tagli economicamente più "convenienti" portare l`Ispels sotto l`Inail significa determinare una coincidenza tra controllore e controllato in uno dei punti dolenti dei nostro paese: gli infortuni sul lavoro. È - o meglio, era - l`Ispels, infatti, l`ente proposto a riconoscere e segnalare l`insorgere di nuove malattie professionali. È l`Inail l`ente che paga gli indennizzi per quelle malattie. «Ora che Ispels e Inail saranno una cosa sola» temono i lavoratori dell`ente soppresso «il rischio è che il vero risparmio per le casse dello stato si abbia proprio dal riconoscimento di un numero sempre minore di malattie professionali».


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Casi mortali - Infortuni sul lavoro nell'Unione Europea per Stati Membri e anno: Anni 1996 - 2005           
           






STATI MEMBRI 1996 2000 2005
       
UE - 15         5.549         5.237         4.011
UE - Euro Area         5.029         4.831         3.678
Belgio            117            115              83
Danimarca (*)              75              68              56
Germania         1.377         1.018            678
Grecia              77              57              32
Spagna            783            803            662
Francia            900            851            593
Irlanda (*)              27              30              65
Italia         1.128         1.202            918
Lussemburgo              30              15              10
Paesi Bassi (*)            110            103              75
Austria            252            236            214
Portogallo            261            354            283
Finlandia              44              47              65
Svezia (*)              87              58              68
Regno Unito (*)            281            280            209
       


*) Paesi in cui  i dati non provengono dal sistema assicurativo e presentano livelli consistenti di sottodenuncia.                                               

fonte: http://www.inail.it/cms/statistiche/statisticheuropee/tavole/9.xls           

           
Come si vede dalla tabella elaborata dall'INAIL il problema delle morti sul lavoro è molto pià scottante in Italia che in altri Paesi europei, anzi in questo campo l'Italia detiene un triste primato in assoluto, ma questo evidentemente non interessa ai nostri governanti, urgono le leggi per "salvare" la privacy dei potenti, oppure per far pagare meno tasse ai proprietari dei maxi yacht...            

giovedì 10 giugno 2010

Un progetto putiniano

di Michele Prospero su il manifesto – 10 giugno 2010



Con la Marcegaglia la recitazione di Berlusconi per ingraziarsi il sostegno della grande impresa non era andata bene. Al plebiscito improvvisato dal palco, per nominarla sul campo ministro per le infrastrutture, la platea della Confindustria aveva risposto con una freddezza glaciale. Un imperdonabile affronto per il premier che viene anche lui dalla trincea dell’impresa e si aspettava i segni esteriori di una spontanea cooperazione per via della comune appartenenza di classe. Con il grande capitale e la sua stampa i rapporti di Berlusconi non sono mai stati idilliaci. Agnelli lo considerava solo un pittoresco intruso, con cui però venire a patti, non fosse che per prosaiche ragioni di convenienza e di quieto vivere.
Per il Cavaliere, che i soldi si vanta di averli fatti da sé, i salotti buoni della borghesia e la nomenclatura dell’economia e della finanza appartengono alla disprezzata élite cui si compiace di non appartenere. Meglio, molto meglio il gradimento che il cavaliere ferito nell’onore riceve tra le truppe sterminate della neoborghesia. Prima con gli albergatori, ai quali aveva proposto uno spot con la sua voce sensuale per attrarre le valute pregiate dei turisti. Poi con i ruspanti padroncini della confartigianato Berlusconi sente la gradevole sensazione che c’è un ampio pezzo del paese che non l’abbandona, neppure nell’ora dell’isolamento.
Malgrado la crisi, e a dispetto del flop sensazionale del suo governicchio inconcludente nelle realizzazioni di grandi opere o nella riduzione delle aliquote fiscali, la neoborghesia dei capannoni, dei Suv e delle partite Iva è ancora con lui, e lo applaude a ripetizione. Il copione è sempre lo stesso. Salito sul palco che sente ancora amico, Berlusconi indossa la maschera del comico, fa battute, abbraccia il capo degli artigiani, lo strattona e lo rende confidenzialmente ridicolo, privo di qualsiasi ethos. Al gioco istrionesco, che lo pone in relazione simbiotica con la platea divertita dall’informale capo esuberante, segue l’immancabile e incendiario affondo contro la Costituzione: un inferno che lega le mani al grande decisore.
Le auree regole del parlamentarismo, le grigie procedure formali, la stantia separazione dei poteri, il pluralismo dell’informazione, che gli provoca il pessimo umore dopo 15 minuti, sono colpite al cuore come la fonte dei suoi vani (ormai ventennali) tentativi di modernizzare il paese. All’origine dell’incurabile male italiano Berlusconi pone soprattutto la Costituzione. Storie di ieri. La novità delle esternazioni di oggi è nel progetto scivoloso di creare una qualche base di massa all’assalto contro la Carta. Alla vecchia repubblica dei partiti fondata sul lavoro oppone ora la nuova repubblica delle partite Iva fondata sull’impresa.
Con la reiterata proposta di sovvertire l’articolo 41 della Costituzione, che gli pare ispirato alla Russia comunista, e per liberare quindi la libertà d’intrapresa da vincoli, coperture legali, funzioni sociali, Berlusconi sollecita la neoborghesia a prendere in appalto lo Stato. La sua finanziaria del resto è una mirabile costruzione ideologica all’insegna di due società sempre più incomunicanti. I sacrifici sono affibbiati solo ai lavoratori (quelli pubblici soprattutto, perché meschini fannulloni che campano sulle spalle del contribuente). L’altra parte della società, quella del lavoro autonomo e dell’impresa molecolare del capitalismo territoriale, è del tutto risparmiata.
Berlusconi sta disegnando una tipologia sociale che ha forti analogie con la Russia degli oligarchi. Due società che convivono nello stesso spazio. Una (ampia ma non maggioritaria) è molto ricca, dedita agli sfarzosi consumi voluttuari, all’acquisto di beni posizionali. Incline alla fuga dal fisco, essa è avvezza a trionfare nel deserto dei beni pubblici e nella tragedia degli spazi comuni. L’altra (tendenzialmente maggioritaria ma priva di autonomia politica) appare sempre più marginale, con salari che scendono ai livelli minimi, utili per la mera sopravvivenza della forza lavoro. Per la prima volta, un capo di governo italiano sta facendo come la Russia, quella di Putin però.

mercoledì 9 giugno 2010

Disabili sani per legge: Tremonti taglia l’assegno per i down

 post pubblicato il 9 giugno 2010 su:
http://www.agoravox.it/Tremonti-taglia-anche-la-i.html

All’articolo dieci della manovra finanziaria correttiva, ecco apparire la falla. Meglio: la Follia.
Tremonti pensa bene che, invece di tagliare fondi ai costi della politica. Invece di togliere denaro dove ce n’è troppo. Invece di tassare maggiormente i ricchi - che lo ricordo, nel 2009 sono divenuti molto più ricchi del 2008 - ecco che cala la mannaia.
Su chi?
Sugli invalidi.
Lotta ai falsi invalidi? Macché.
I falsi invalidi emergeranno - semmai - dalle verifiche a tappeto che sono state promesse.
Gli attuali invalidi invece, e quelli che chiedono per la prima volta il riconoscimento del proprio stato di invalidità, si vedranno nella migliore delle ipotesi non riconoscere un emolumento di sostegno che fa rabbrividire per l’importo che contiene: "ben" 256,00 euro mensili. Nemmeno un chilo di pane al giorno. Una miseria. Una truffa. Una infamia.
Sapete - ad esempio - chi potrà subire danni enormi da questo "colpo di genio" di Tremonti? Le persone affette da Sindrome di Down, che fino ad oggi, percepivamo la provvidenza mensile con un 75% di invalidità riconosciuta.
E coloro che ad ogni modo, subendo già magari l’impossibilità di essere collocato al lavoro - ammesso che di lavoro se ne trovi - non si vedrà riconoscere questo pugno di pane secco rappresentato da un misero assegno.
E’ così che Tremonti raddrizza i conti? E’ così che si vessa maggiormente la popolazione? E perché? Le organizzazione a tutela dei disabili sono - chiaramente - in subbuglio.
La disabilità è un settore poliedrico. Tante sono le forme e le sfumature di uno strato che obbliga l’essere umano spesso e volentieri a dover dribblare fra barriere mentali ed architettoniche.
Con questa "trovata" Tremonti spara alle spalle chi spesso purtroppo subisce la malignità di una società fondata sulla "perfezione", che invece di comprendere che disabile vuol dire semmai super-abile, vorrebbe gettare nelle fogne esseri umani del tutto simili a qualsiasi essere umano sulla terra.
Disabili si nasce. Disabili si diventa.
Attenzione a non dimenticarlo mai.
E se son queste le "manovre correttive": Dio ci salvi. Perché è solo l’inizio di una catastrofe che puzza solo di marcio.
Ne riparleremo.
Un Governo che non ha timore delle rimostranze della nazione che gestisce, molto probabilmente ha in tasca pronto un ultimo atto che forse ancora, non riusciamo nemmeno ad immaginare.
E se cordata di disabili dovrà essere sia.
Non lasciamo nulla di intentato, contro un Sistema che affligge e non sostiene.


Brunetta salva i maxi yacht

Un altro regalo ai proprietari dei maxi yacht. Nascosto tra le pieghe del decreto per la semplificazione amministrativa firmato dal ministro Brunetta che deve essere votato martedì (oggi per chi legge, ndr).  L'accusa arriva dai deputati Mario Tullo e Silvia Velo (Pd). Un  appunto pesante per il ministro che ha fatto della trasparenze la sua  bandiera. Soprattutto adesso che i colossi del mare sono nell'occhio  del ciclone per il sequestro della nave di Flavio Briatore. Non solo:  proprio nel momento in cui il governo chiede un sacrificio a tutti gli  italiani, ma si scopre che i proprietari dei maxi yacht evadono 500 milioni di euro l'anno. L'articolo 7 quinquies del decreto Brunetta  sostituisce l'articolo 1 comma 1 del codice sulla navigazione da  diporto: Le disposizioni del codice si applicano alla navigazione da  diporto, anche se esercitata per fini commerciali mediante le unità da  diporto di cui all'articolo 3, comprese le navi destinate  esclusivamente al noleggio per finalità turistiche. Parole quasi  incomprensibili per i profani, ma che hanno suscitato un vespaio  perchè le navi che fingono di esercitare il noleggio per finalità  turistiche sono le regine dell'evasione fiscale. Il Pd sostiene: Con  una norma di poche righe si rischia tra l'altro di consentire ai  megayacht proprietà di società di comodo, magari con sede alle Cayman,  di tornare nel nostro Paese iscrivendosi al registro internazionale.  Il risultato? Agevolazioni fiscali e previdenziali. Critiche pesanti.  Tanto che ieri sera è intervenuto anche Roberto Calderoli,  evidentemente preoccupato di aver messo la firma su una legge definita  salva-yacht, in quanto ministro della Semplificazione normativa: "La  proposta non è una sanatoria per vicende fiscali. Mira esclusivamente  a una semplificazione delle procedure amministrative applicabili alle  imbarcazioni utilizzate per il noleggio per finalità turistiche.  Attualmente tali imbarcazioni, quanto ad adempimenti burocratici come  quelli necessari per entrare ed uscire dai porti, sono equiparate alle  navi commerciali, cosicché una barca usata per turismo è equiparata a  una petroliera o a una portacontainer. Semplifichiamo, quindi, solo la  burocrazia", assicura Calderoli. Tutto chiarito? Non proprio, se è  vero che i tanti armatori che fingono di esercitare attività di  noleggio evadono le tasse. Quindi il decreto Brunetta rischia, come  minimo, di rendere loro ancor più facile la vita, come se non  bastassero gli incentivi fiscali che, di fatto, fanno risparmiare a  ogni proprietario anche decine di milioni all'acquisto della barca e  mezzo milione l'anno nella gestione. C'è poi il giallo del parere  della commissione Trasporti che, dando parere favorevole alla riforma  Brunetta, il 25 maggio scorso ha specificato: "Alla condizione che sia  soppresso l'articolo 7 quinquies". Ma se davvero quella norma non  cambiava niente, perchè cancellarla? La Commissione spiega: "Le  disposizioni di cui all'articolo 7-quinquies suscitano perplessità, in  quanto l'estensione delle previsioni del codice della nautica da  diporto alle navi utilizzate per finalità commerciali e turistiche  potrebbe avere effetti negativi sia in termini di sicurezza, sia in  termini di certezza della regolamentazioneâ". Infine esperti del  settore, interpellati dal Fatto , avanzano l'ipotesi che l'articolo 7  quinquies faciliti agli armatori (a quelli onesti, ma anche ai  moltissimi evasori) l'iscrizione delle barche nel registro  internazionale. Ancora tecnicismi, che però, in soldoni, si traducono  nell'esenzione dall'Irap, nella riduzione della tonnage tax (la tassa  sul tonnellaggio delle navi) e nel pagamento da parte dello Stato dei  contributi per l'equipaggio. Ancora sconti fiscali per centinaia di  migliaia di euro? Un dubbio legittimo che, però, il ministro Brunetta,  campione di trasparenza, dovrebbe forse chiarire.

[Ferruccio Sansa, "Brunetta salva i maxi yacht", il Fatto Quotidiano,  8 giugno 2010]

martedì 8 giugno 2010

Lolita



Povera Lolita, sono già tre giorni che non ci sei più, che grande dispiacere che ci hai dato…

A chi versare l’otto per mille?

Otto per mille: a chi?
Paolo Flores D’Arcais

Per molti italiani è tempo di dichiarazione dei redditi. Dunque è anche tempo di otto per mille, questo balzello clericale che arricchisce la Chiesa gerarchica come Mammona e viola sfacciatamente il principio di laicità dello Stato.

Oggi non c’è nessuna forza politica disposta a prendere neppure lontanamente in considerazione l’abrogazione dell’otto per mille (non parliamo del Concordato). E poiché il tema – almeno a sé stante – non sembra tale da mobilitare le masse in piazza, per il cittadino laico sembra non resti nulla da fare se non rodersi il fegato in isolata e impotente indignazione. E invece no, qualcosa si può fare, e anche di notevole e materialissima efficacia, contro questa prepotenza clericale. Abbiamo visto che firmare per lo Stato anziché per la Cei è come dalla padella nella brace, visto che comunque significherebbe dare altri soldi a partiti lottizzatori e alle loro cricche di affaristi al seguito.
Altra cosa sarebbe se l’alternativa a una confessione religiosa fosse un elenco di associazioni tipo la ricerca sul cancro, ma questa concorrenza leale la Chiesa gerarchica e i politici del bacio della pantofola non la consentiranno mai. C’è però già la possibilità, per quanto possa suonare paradossale, di combattere il clericalismo con la religione. Esiste infatti una confessione religiosa che si impegna solennemente – e fornisce tutti gli strumenti di controllo – a utilizzare la sua quota di otto per mille esclusivamente per opere di beneficenza o promozione culturale, puntualmente elencate, e di non spendere neppure un euro per i propri pastori d’anime o per le strutture materiali delle proprie chiese.
Non a caso ho detto “pastori”, perché si tratta della Chiesa valdese, ora ufficialmente denominata “Chiesa Evangelica Valdese - Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste”, dalle nobilissime origini eretiche e conseguenti persecuzioni di secoli, caratterizzata da un atteggiamento di rispetto della laicità che manca purtroppo a tanti scettici, miscredenti e atei (più o meno devoti). Versare l’otto per mille a questa confessione è oggi la scelta più radicalmente laica che si possa fare, e infatti a praticarla non sono solo tanti agnostici e atei (non devoti) ma perfino dei cattolici che sentono l’obbedienza a quanto dice il Vangelo più importante dell’obbedienza alla Cei dei Ruini e dei Bagnasco o al Vaticano del Papa e dello Ior.
Sarebbe perciò un bel segnale di civiltà se sul Web si scatenasse una campagna “dal basso” per invitare tutti i democratici a firmare l’otto per mille ai valdesi, se avvenisse quel contagio digitale virtuoso che amplifichi e moltiplichi un fenomeno molecolarmente già in atto da alcuni anni. E che ovviamente mass media proni nel bacio della pantofola si sono ben guardati dal raccontare.

Da il Fatto Quotidiano dell'8 giugno 2010

Potete legger tutto l’articolo qui

Tg1 e Tg5 fomentano allarme criminalità e immigrazione, nascondono crisi economica

Le grandi paure degli italiani? Disoccupazione e costo della vita. In una parola: la crisi. L'allarme criminalità invece è alle spalle. E la tv? Pare pensarla diversamente: stando ai maggiori tg nazionali l'Italia non è affatto in crisi, anzi se la passa molto meglio di tutti i suoi vicini europei. Una prova? Sul piccolo schermo le notizie sull'emergenza economica sono venti volte in meno di quelle sulla criminalità. Uno strabismo mediatico tutto italiano, unico in Europa.
A fotografare le paure del Vecchio continente è il primo rapporto dell'Osservatorio Europeo sulla Sicurezza: una ricerca di Demos&Pi, Osservatorio di Pavia e Fondazione Unipolis, curata da Ilvo Diamanti. Il sociologo, affiancato da Antonio Nizzoli, ne discuterà oggi al Festival Economia di Trento con Gian Antonio Stella e Alberto Faustini. I risultati? Cambiano le paure: dovunque, in Europa, crescono quelle legate all'economia e alla disoccupazione. Diminuisce invece l'allarme criminalità e immigrazione. Anche in Italia, che da tempo ha archiviato l'ondata di panico dell'autunno 2007. Criminalità e immigrazione, complessivamente, sono considerate uno fra i due problemi più gravi del Paese solo dal 16% degli italiani.

Articolo apparso il 5 giugno su: ADUC - Rai - Notizia - U.E. - Indagine: Tg1 e Tg5 fomentano allarme criminalità e immigrazione, nascondono crisi economica

domenica 6 giugno 2010

CHI ERA RACHEL CORRIE


Rachel Corrie (nata il 10 aprile 1979 a Olympia nello stato di Washington) è stata un'attivista statunitense, faceva parte di un’associazione di solidarietà internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani nei Territori occupati, l’International Solidarity Movement. Insieme ad altri volontari britannici e nordamericani all'inizio del 2003 si era trasferita a Rafah, nella striscia di Gaza, dove si attivava in azioni di interposizione tra l’esercito israeliano e la popolazione palestinese: accompagnava i bambini a scuola e tentava di impedire la distruzione delle case dei palestinesi. In questa sua attività è riuscita a documentare la distruzione di 25 serre e lo smantellamento della strada per la città di Gaza da parte dell'esercito israeliano. Riuscì anche a documentare la sparatoria contro gli operai dell'acquedotto municipale di Rafah che cercavano di ricostruire i pozzi Canada e El Iskan, pozzi che erano stati distrutti dai bulldozer dei militari israeliani giorni prima. Durante la sua permanenza comunicava tramite e-mail con "Danny", un sergente riservista dell'esercito israeliano, che la incoraggiava a "documentare più che poteva, senza abbellire ed edulcorare con la scrittura creativa".
Il 16 marzo 2003 è stata uccisa mentre stava tentando di impedire ad un bulldozer dell'esercito israeliano di distruggere alcune case palestinesi. Il buldozer le è passato sopra per due volte, deliberatamente, secondo gli attivisti che si trovavano sul posto, mentre secondo le autorità israeliane si è trattato di deprecabile incidente.

Sul sito http://www.giovaniemissione.it/testimoni/andrach41.htm ho trovato tradotte alcune sue lettere spedite alla famiglia che raccontano della Palestina così come lei l'ha conosciuta...


Ciao amici e famiglia e tutti gli altri,

sono in Palestina da due settimane e un'ora e non ho ancora parole per descrivere ciò che vedo. È difficilissimo per me pensare a cosa sta succedendo qui quando mi siedo per scrivere alle persone care negli Stati Uniti. È come aprire una porta virtuale verso il lusso. Non so se molti bambini qui abbiano mai vissuto senza i buchi dei proiettili dei carri armati sui muri delle case e le torri di un esercito che occupa la città che li sorveglia costantemente da vicino. Penso, sebbene non ne sia del tutto sicura, che anche il più piccolo di questi bambini capisca che la vita non è così in ogni angolo del mondo. Un bambino di otto anni è stato colpito e ucciso da un carro armato israeliano due giorni prima che arrivassi qui e molti bambini mi sussurrano il suo nome - Alì - o indicano i manifesti che lo ritraggono sui muri. I bambini amano anche farmi esercitare le poche conoscenze che ho di arabo chiedendomi "Kaif Sharon?" "Kaif Bush?" e ridono quando dico, "Bush Majnoon", "Sharon Majnoon" nel poco arabo che conosco. (Come sta Sharon? Come sta Bush? Bush è pazzo. Sharon è pazzo.). Certo, questo non è esattamente quello che credo e alcuni degli adulti che sanno l'inglese mi correggono: "Bush mish Majnoon" ... Bush è un uomo d'affari. Oggi ho tentato di imparare a dire "Bush è uno strumento" (Bush is a tool), ma non penso che si traduca facilmente. In ogni caso qui si trovano dei ragazzi di otto anni molto più consapevoli del funzionamento della struttura globale del potere di quanto lo fossi io solo pochi anni fa.

Tuttavia, nessuna lettura, conferenza, documentario o passaparola avrebbe potuto prepararmi alla realtà della situazione che ho trovato qui. Non si può immaginare a meno di vederlo, e anche allora si è sempre più consapevoli che l'esperienza stessa non corrisponde affatto alla realtà: pensate alle difficoltà che dovrebbe affrontare l'esercito israeliano se sparasse a un cittadino statunitense disarmato, o al fatto che io ho il denaro per acquistare l'acqua mentre l'esercito distrugge i pozzi e naturalmente al fatto che io posso scegliere di andarmene. Nessuno nella mia famiglia è stato colpito, mentre andava in macchina, da un missile sparato da una torre alla fine di una delle strade principali della mia città. Io ho una casa. Posso andare a vedere l'oceano. Quando vado a scuola o al lavoro posso essere relativamente certa che non ci sarà un soldato, pesantemente armato, che aspetta a metà strada tra Mud Bay e il centro di Olympia a un checkpoint, con il potere di decidere se posso andarmene per i fatti miei e se posso tornare a casa quando ho finito.

Dopo tutto questo peregrinare, mi trovo a Rafah: una città di circa 140.000 persone, il 60% di questi sono profughi, molti di loro due o tre volte profughi. Oggi, mentre camminavo sulle macerie, dove una volta sorgevano delle case, alcuni soldati egiziani mi hanno rivolto la parola dall'altro lato del confine. "Vai! Vai!" mi hanno gridato, perché si avvicinava un carro armato.

E poi mi hanno salutata e mi hanno chiesto "come ti chiami?". C'è qualcosa di preoccupante in questa curiosità amichevole. Mi ha fatto venire in mente in che misura noi, in qualche modo, siamo tutti bambini curiosi di altri bambini. Bambini egiziani che urlano a donne straniere che si avventurano sul percorso dei carri armati. Bambini palestinesi colpiti dai carri armati quando si sporgono dai muri per vedere cosa sta accadendo. Bambini di tutte le nazioni che stanno in piedi davanti ai carri armati con degli striscioni. Bambini israeliani che stanno in modo anonimo sui carri armati, di tanto in tanto urlano e a volte salutano con la mano, molti di loro costretti a stare qui, molti semplicemente aggressivi, sparano sulle case mentre noi ci allontaniamo.

Ho avuto difficoltà a trovare informazioni sul resto del mondo qui, ma sento dire che un'escalation nella guerra contro l'Iraq è inevitabile. Qui sono molto preoccupati della "rioccupazione di Gaza". Gaza viene rioccupata ogni giorno in vari modi ma credo che la paura sia quella che i carri armati entrino in tutte le strade e rimangano qui invece di entrare in alcune delle strade e ritirarsi dopo alcune ore o dopo qualche giorno a osservare e sparare dai confini delle comunità. Se la gente non sta già pensando alle conseguenze di questa guerra per i popoli dell'intera regione, spero che almeno lo iniziate a fare voi.

Un saluto a tutti. Un saluto alla mia mamma. Un saluto a smooch. Un saluto a Fg e a Barnhair e a Sesamees e alla Lincoln School. Un saluto a Olympia.

Rachel


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20 Febbraio 2003 

Mamma, adesso l'esercito israeliano è arrivato al punto di distruggere con le ruspe la strada per Gaza, ed entrambi i checkpoint principali sono chiusi. Significa che se un palestinese vuole andare ad iscriversi all'università per il prossimo quadrimestre non può farlo. La gente non può andare al lavoro, mentre chi è rimasto intrappolato dall'altra parte non può tornare a casa; e gli internazionali, che domani dovrebbero essere ad una riunione delle loro organizzazioni in Cisgiordania, non potranno arrivarci in tempo. Probabilmente ce la faremmo a passare se facessimo davvero pesare il nostro privilegio di internazionali dalla pelle bianca, ma correremmo comunque un certo rischio di essere arrestati e deportati, anche se nessuno di noi ha fatto niente di illegale.

La striscia di Gaza è ora divisa in tre parti. C'è chi parla della "rioccupazione di Gaza", ma dubito seriamente che stia per succedere questo, perché credo che in questo momento sarebbe una mossa geopoliticamente stupida da parte di Israele. Credo che dobbiamo aspettarci piuttosto un aumento delle piccole incursioni al di sotto del livello di attenzione dell'opinione pubblica internazionale, e forse il paventato "trasferimento di popolazione".

Per il momento non mi muovo da Rafah, non penso di partire per il nord. Mi sento ancora relativamente al sicuro e nell'eventualità di un'incursione più massiccia credo che, per quanto mi riguarda, il rischio più probabile sia l'arresto. Un'azione militare per rioccupare Gaza scatenerebbe una reazione molto più forte di quanto non facciano le strategie di Sharon basate sugli omicidi che interrompono i negoziati di pace e sull'arraffamento delle terre, strategie che al momento stanno servendo benissimo allo scopo di fondare colonie dappertutto, eliminando lentamente ma inesorabilmente ogni vera possibilità di autoderminazione palestinese. Sappi che un mucchio di palestinesi molto simpatici si sta prendendo cura di me. Mi sono presa una lieve influenza e per curarmi mi hanno dato dei beveroni al limone buonissimi. E poi la signora che ha le chiavi del pozzo dove ancora dormiamo mi chiede continuamente di te. Non sa una parola d'inglese ma riesce a chiedermi molto spesso della mia mamma - vuole essere sicura che ti chiami.

Un abbraccio a te, a papà, a Sara, a Chris e a tutti.

Rachel


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27 Febbraio 2003 (alla madre)

Vi voglio bene. Mi mancate davvero. Ho degli incubi terribili, sogno i carri armati e i bulldozer fuori dalla nostra casa, con me e voi dentro. A volte, l'adrenalina funge da anestetico per settimane di seguito, poi improvvisamente la sera o la notte la cosa mi colpisce di nuovo: un po' della realtà della situazione. Ho proprio paura per la gente qui. Ieri ho visto un padre che portava fuori i suoi bambini piccoli, tenendoli per mano, alla vista dei carri armati e di una torre di cecchini e di bulldozer e di jeep, perché pensava che stessero per fargli saltare in aria la casa. In realtà, l'esercito israeliano in quel momento faceva detonare un esplosivo nel terreno vicino, un esplosivo piantato, a quanto pare, dalla resistenza palestinese.

Questo è nella stessa zona in cui circa 150 uomini furono rastrellati la scorsa domenica e confinati fuori dall'insediamento mentre si sparava sopra le loro teste e attorno a loro, e mentre i carri armati e i bulldozer distruggevano 25 serre, che davano da vivere a 300 persone. L'esplosivo era proprio davanti alle serre, proprio nel punto in cui i carri armati sarebbero entrati, se fossero ritornati.

Mi spaventava pensare che per quest'uomo, era meno rischioso camminare in piena vista dei carri armati che restare in casa. Avevo proprio paura che li avrebbero fucilati tutti, e ho cercato di mettermi in mezzo, tra loro e il carro armato. Questo succede tutti i giorni, ma proprio questo papà con i suoi due bambini così tristi, proprio lui ha colto la mia attenzione in quel particolare momento, forse perché pensavo che si fosse allontanato a causa dei nostri problemi di traduzione.

Ho pensato tanto a quello mi avete detto per telefono, di come la violenza dei palestinesi non migliora la situazione. Due anni fa, sessantamila operai di Rafah lavoravano in Israele. Oggi, appena 600 possono entrare in Israele per motivi di lavoro. Di questi 600, molti hanno cambiato casa, perché i tre checkpoint che ci sono tra qui e Ashkelon (la città israeliana più vicina) hanno trasformato quello che una volta era un viaggio di 40 minuti in macchina in un viaggio di almeno 12 ore, quando non impossibile. Inoltre, quelle che nel 1999 erano le potenziali fonti di crescita economica per Rafah sono oggi completamente distrutte: l'aeroporto internazionale di Gaza (le piste demolite, tutto chiuso); il confine per il commercio con l'Egitto (oggi con una gigantesca torre per cecchini israeliani al centro del punto di attraversamento); accesso al mare (tagliato completamento durante gli ultimi due anni da un checkpoint e dalla colonia di Gush Katif).

Dall'inizio di questa intifada, sono state distrutte circa 600 case a Rafah, in gran parte di persone che non avevano alcun rapporto con la resistenza, ma vivevano lungo il confine. Credo che Rafah oggi sia ufficialmente il posto più povero del mondo.

Esisteva una classe media qui, una volta. Ci dicono anche che le spedizioni dei fiori da Gaza verso l'Europa venivano, a volte, ritardate per due settimane al valico di Erez per ispezioni di sicurezza. Potete immaginarvi quale fosse il valore di fiori tagliati due settimane prima sul mercato europeo, quindi il mercato si è chiuso. E poi sono arrivati i bulldozer, che distruggono gli orti e i giardini della gente. Cosa rimane per la gente da fare? Ditemi se riuscite a pensare a qualcosa. Io non ci riesco.

Se la vita e il benessere di qualcuno di noi fossero completamente soffocati, se vivessimo con i nostri bambini in un posto che ogni giorno diventa più piccolo, sapendo, grazie alle nostre esperienze passate, che i soldati e i carri armati e i bulldozer ci possono attaccare in qualunque momento e distruggere tutte le serre che abbiamo coltivato da tanto tempo, e tutto questo mentre alcuni di noi vengono picchiati e tenuti prigionieri assieme a 149 altri per ore: non pensate che forse cercheremmo di usare dei mezzi un po' violenti per proteggere i frammenti che ci restano? Ci penso soprattutto quando vedo distruggere gli orti e le serre e gli alberi da frutta: anni di cure e di coltivazione. Penso a voi, e a quanto tempo ci vuole per far crescere le cose e quanta fatica e quanto amore ci vuole. Penso che in una simile situazione, la maggior parte della gente cercherebbe di difendersi come può. Penso che lo farebbe lo zio Craig. Probabilmente la nonna la farebbe. E penso che lo farei anch'io.

Mi avete chiesto della resistenza non violenta. Quando l'esplosivo è saltato ieri, ha rotto tutte le finestre nella casa della famiglia. Mi stavano servendo del tè, mentre giocavo con i bambini. Adesso è un brutto momento per me. Mi viene la nausea a essere trattata sempre con tanta dolcezza da persone che vanno incontro alla catastrofe. So che visto dagli Stati Uniti, tutto questo sembra iperbole. Sinceramente, la grande gentilezza della gente qui, assieme ai tremendi segni di deliberata distruzione delle loro vite, mi fa sembrare tutto così irreale. Non riesco a credere che qualcosa di questo genere possa succedere nel mondo senza che ci siano più proteste. Mi colpisce davvero, di nuovo, come già mi era successo in passato, vedere come possiamo far diventare così orribile questo mondo. Dopo aver parlato con voi, mi sembrava che forse non riuscivate a credere completamente a quello che vi dicevo. Penso che sia meglio così, perché credo soprattutto all'importanza del pensiero critico e indipendente. E mi rendo anche conto che, quando parlo con voi, tendo a controllare le fonti di tutte le mie affermazioni in maniera molto meno precisa. In gran parte questo è perché so che fate anche le vostre ricerche. Ma sono preoccupata per il lavoro che svolgo. Tutta la situazione che ho descritto, assieme a tante altre cose, costituisce un'eliminazione, a volte graduale, spesso mascherata, ma comunque massiccia, e una distruzione, delle possibilità di sopravvivenza di un particolare gruppo di persone.

Ecco quello che vedo qui. Gli assassini, gli attacchi con i razzi e le fucilazioni dei bambini sono atrocità, ma ho tanta paura che se mi concentro su questi, finirò per perdere il contesto. La grande maggioranza della gente qui, anche se avesse i mezzi per fuggire altrove, anche se veramente volesse smetterla di resistere sulla loro terra e andarsene semplicemente (e questo sembra essere uno degli obiettivi meno nefandi di Sharon), non può andarsene.

Perché non possono entrare in Israele per chiedere un visto e perché i paesi di destinazione non li farebbero entrare: parlo sia del nostro paese che di quelli arabi. Quindi penso che quando la gente viene rinchiusa in un ovile - Gaza - da cui non può uscire, e viene privata di tutti i mezzi di sussistenza, ecco, questo credo che si possa qualificare come genocidio.

Anche se potessero uscire, credo che si potrebbe sempre qualificare come genocidio. Forse potreste cercare una definizione di genocidio secondo il diritto internazionale. Non me la ricordo in questo momento. Spero di riuscire con il tempo a esprimere meglio questi concetti. Non mi piace usare questi termini così carichi. Credo che mi conoscete sotto questo punto di vista: io do veramente molto valore alle parole. Cerco davvero di illustrare le situazioni e di permettere alle persone di tirare le proprie conclusioni. Comunque, mi sto perdendo in chiacchiere.

Voglio solo scrivere alla mamma per dirle che sono testimone di questo genocidio cronico e insidioso, e che ho davvero paura, comincio a mettere in discussione la mia fede fondamentale nella bontà della natura umana. Bisogna che finisca. Credo che sia una buona idea per tutti noi, mollare tutto e dedicare le nostre vite affinché ciò finisca. Non penso più che sia una cosa da estremisti. Voglio davvero andare a ballare al suono di Pat Benatar e avere dei ragazzi e disegnare fumetti per quelli che lavorano con me. Ma voglio anche che questo finisca. Quello che provo è incredulità mista a orrore. Delusione. Sono delusa, mi rendo conto che questa è la realtà di base del nostro mondo e che noi ne siamo in realtà partecipi. Non era questo che avevo chiesto quando sono entrata in questo mondo. Non era questo che la gente qui chiedeva quando è entrata nel mondo. Non è questo il mondo in cui tu e papà avete voluto che io entrassi, quando avete deciso di farmi nascere. Non era questo che intendevo, quando guardavo il lago Capital e dicevo, "questo è il vasto mondo e sto arrivando!" Non intendevo dire che stavo arrivando in un mondo in cui potevo vivere una vita comoda, senza alcuno sforzo, vivendo nella completa incoscienza della mia partecipazione a un genocidio.

Sento altre forti esplosioni fuori, lontane, da qualche parte. Quando tornerò dalla Palestina, probabilmente soffrirò di incubi e mi sentirò in colpa per il fatto di non essere qui, ma posso incanalare tutto questo in altro lavoro. Venire qui è stata una delle cose migliori che io abbia mai fatto. E quindi, se sembro impazzita, o se l'esercito israeliano dovesse porre fine alla loro tradizione razzista di non far male ai bianchi, attribuite il motivo semplicemente al fatto che io mi trovo in mezzo a un genocidio che io anch'io sostengo in maniera indiretta, e del quale il mio governo è in larga misura responsabile. Voglio bene a te e a papà.

Scusatemi il lungo papiro. OK, uno sconosciuto vicino a me mi ha appena dato dei piselli, devo mangiarli e ringraziarli.

Rachel

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28 Febbraio 2003 (alla madre)

Grazie, mamma, per la tua risposta alla mia e-mail. Mi aiuta davvero ricevere le tue parole, e quelle di altri che mi vogliono bene.

Dopo averti scritto ho perso i contatti con il mio gruppo per circa dieci ore: le ho passate in compagnia di una famiglia che vive in prima linea a Hi Salam. Mi hanno offerto la cena, e hanno pure la televisione via cavo. Nella loro casa le due stanze che danno sulla facciata sono inutilizzabili perché i muri sono crivellati da colpi di arma da fuoco, perciò tutta la famiglia - padre, madre e tre bambini-dorme nella stanza dei genitori. Io ho dormito sul pavimento, accanto a Iman, la bimba più piccola, e tutti eravamo sotto le stesse coperte.

Ho aiutato un po' il figlio maschio con i compiti d'inglese e abbiamo guardato tutti insieme Pet Semetery, che è un film davvero terrificante. Penso che per loro sia stato un gran divertimento vedere come quasi non riuscivo a guardarlo. Da queste parti il giorno festivo è venerdì, e quando mi sono svegliata stavano guardando i Gummy Bears doppiati in arabo. Così ho fatto colazione con loro, e sono rimasta un po' lì seduta così, a godermi la sensazione di stare in mezzo a quel groviglio di coperte, insieme alla famiglia che guardava quello che a me faceva l'effetto dei cartoni della domenica mattina. Poi ho fatto un pezzo di strada a piedi fino a B'razil, che è dove vivono Nidal, Mansur, la Nonna, Rafat e tutto il resto della grande famiglia che mi ha letteralmente adottata a cuore aperto. (A proposito, l'altro giorno, la Nonna mi ha fatto una predica mimata in arabo: era tutto un gran soffiare e additare lo scialle nero. Sono riuscita a farle dire da Nidal che mia madre sarebbe stata contentissima di sapere che qui c'è qualcuno che mi fa le prediche sul fumo che annerisce i polmoni).

Ho conosciuto una loro cognata, che è venuta a trovarli dal campo profughi di Nusserat, e ho giocato con il suo bebè. L'inglese di Nidal migliora di giorno in giorno. È lui a chiamarmi "sorella". Ha anche cominciato ad insegnare alla Nonna a dire "Hello. How are you?" in inglese. Si sente costantemente il rumore dei carri armati e dei bulldozer che passano, eppure tutte queste persone riescono a mantenere un sincero buon umore, sia tra loro che nei rapporti con me.

Quando sono in compagnia di amici palestinesi mi sento un po' meno orripilata di quando cerco di impersonare il ruolo di osservatrice sui diritti umani o di raccoglitrice di testimonianze, o di quando partecipo ad azioni di resistenza diretta. Danno un ottimo esempio del modo giusto di vivere in mezzo a tutto questo nel lungo periodo. So che la situazione in realtà li colpisce - e potrebbe alla fine schiacciarli - in un'infinità di modi, e tuttavia mi lascia stupefatta la forza che dimostrano riuscendo a difendere in così grande misura la loro umanità - le risate, la generosità, il tempo per la famiglia - contro l'incredibile orrore che irrompe nelle loro vite e contro la presenza costante della morte.

Dopo stamattina mi sono sentita molto meglio. In passato ho scritto tanto sulla delusione di scoprire, in qualche misura direttamente, di quanta malignità siamo ancora capaci. Ma è giusto aggiungere, almeno di sfuggita, che sto anche scoprendo una forza straordinaria e una straordinaria capacità elementare dell'essere umano di mantenersi umano anche nelle circostanze più terribili - anche di questo non avevo mai fatto esperienza in modo così forte. Credo che la parola giusta sia dignità. Come vorrei che tu potessi incontrare questa gente. Chissà, forse un giorno succederà, speriamo.

Rachel

Note: Traduzioni di Miguel Martinez, Lucia De Rocco, Silvia Lanfranchini, Nora Tigges Mazzone, Andrea Spila (Translators for Peace )

Altre informazioni si possono trovare sul sito http://www.centropacecorrie.it e su wikipedia.