domenica 23 dicembre 2012

DA PORTABANDIERA DELL'INNOVAZIONE A RETROGIUARDIA DEL CONSERVATORISMO: STORIA DI UN MARCHIO




L'altro giorno è venuta a trovarmi una signora, mi doveva portare un testo da impaginare. Benestante, aspirante scrittrice, aveva l'aria e gli atteggiamenti di un'intellettuale di successo. Quando ha tirato fuori la chiavetta con il file da visionare ha insistito dicendomi che otre al file di word c'era un “pdf per macintosh” perché lei lavora solo con macinstosh ecc. ecc. Eravamo davanti a un iMac 24'' ma non lo ha riconosciuto, pensava fosse un monitor, ma non è questo il punto. Ho fatto fatica a spiegarle che non esistono “pdf per macintosh” e probabilmente non l'ho convinta ma il colmo è stato quando con meraviglia realizzò che il mio cellulare non era un iphone! sembrava quasi scandalizzata, ha voluto farmi una dimostrazione di quanto bello fosse il suo appena comprato, pratico, comodo, moderno, un gioiello...
Lavoro nel settore della stampa digitale da decenni ormai, il mio primo mac l'ho comprato nel lontano 1994, era un Power mac 7100 con 256 mb di memoria e 1 disco rigido da 1 giga, per le esigenze di allora andava più che bene, anche se per stampare una pagina A3 da Pagemaker impiegava un quarto d'ora... Le alternative pc-windows erano quasi inesistenti, ma per motivi di compatibilità si era obbligati ad avere almeno uno. Da allora ho cambiato in media un macintosh ogni due anni, cercando di essere aggiornato, anche se l'entusiasmo dei primi anni piano piano si è spento.
Spiego subito il perché: una volta i prodotti Apple erano veramente innovativi, originali e user friendly, oggi sono più che altro il risultato di una operazione di marketing, inutilmente costosi, pensati come gadget e non come strumenti, il loro contenuto tecnologico è ostico e controverso, rivolti ad utilizzatori superficiali, gente che non guarda le caratteristiche ma bada solo all'estetica, all'idea di far vedere che si può permettere “la mela”. Un finto elitismo di massa che ha fatto bene alle casse di mamma Apple ma ha involgarito il marchio.
Certo in passato le avvisaglie ci sono state, ma allora non avevano la testa per notarle.
Per esempio negli anni novanta era famosa l'ostinazione di proporre modelli con il mouse con un solo tasto. Mi ricordo ancora l'espressione di un venditore mac - tanti anni fa - quando affermava che tanto il tasto destro del mouse non serve, si può ottenere lo stesso effetto premendo contemporaneamente il tasto CTRL, che in fondo l'essenzialità era la filosofia e il look dei macinstosh...
Sempre a metà degli anni novanta all'improvviso i dischi interni dei nuovi mac da SCSI sono diventati IDE, meno costosi, come quelli dei pc... Tutta la letteratura pro-mac si è messa a teorizzare che in fondo non vuol dire niente, che quello che conta è la serietà del costruttore ecc.
Fino al 2004 poi l'Apple si ostinava a proporre i suoi modelli senza una porta USB 2, tutti i G4 powerpc prima dell'avvento dei modelli Intel avevano sia firewire che l'USB 1.1, quindi con le chiavette il trasferimento dei dati si fa alla velocità di una lumaca (più di un'ora per spostare 2 giga).
Una nota caratteristica di tutti i computer macinstosh è quella di non avere il foro di espulsione forzata del CD/DVD, ancora oggi i forum sono pieni di gente con il lettore cd bloccato che terrorizzata chiede cosa deve fare (e spesso la risposta è “rivolgersi all'assistenza”...)
Certo quest'ultimo problema adesso è stato risolto visto che la Apple ha deciso di togliere i lettori ottici dai suoi nuovi modelli (tutti) perché tanto non serve. Per lettore ottico non intendo certo il blu ray che è stato bandito e denigrato dalla casa di Cupertino sin dalla nascita. Ovviamente chi vorrà un lettore ottico esterno targato Apple dovrà sborsare 70 euro, quindi i nuovi modelli costeranno di più.
Gli anni sono passati e stavo pensando di sostituire il mio iMac 24'' che ha ormai più di tre anni. Mi sono collegato con il sito di Apple e cercavo di farmi un'idea: il modello che più si avvicina è l'iMac 27'', bel computer nulla da ridire, ma che costa 1900 euro! (ed è senza lettore ottico). Poi andando a cercare possibili limitazioni, constato che – come tutti gli iMac- non può essere utilizzato come monitor esterno, neanche attraverso la porta HDMI (che non ha). In uscita poi attraverso la porta DVI si prede l'audio. Con 600 euro di meno si può prendere un Lenovo che sembra identico ma in più ha un decoder HD TV e un lettore/masterizzatore blu ray e porta HDMI sia in entrata ed in uscita (per correttezza bisogna dire che il monitor incorporato del Lenovo ha una risoluzione di 1920x1080).
Parliamo dell'iPhone:
Quest'estate mi sono trovato in un posto isolato in montagna con della gente, abbiamo fatto delle foto con i telefonini e volevamo scambiarle. Il possessore di un samsung mi ha detto di inoltrarle via bluetooth, cosa che ho fatto. L'altro nostro interlocutore stava smadonnando, ce l'aveva con la copertura, perché vodafone in montagna non prendeva e cose del genere. Essendo il suo un iPhone, sprovvisto del collegamento (in realtà bloccato per questo tipo di utilizzi) bluetooth senza internet non riusciva a scaricare oppure mandare delle foto. Tornando in città mi sono messo a cercare i punti deboli dell'iPhone, e sono tanti:
- Prima di tutto il prezzo è ingiustificato
- non usa bluetooth per collegarsi con altri tel/computer (se non con jailbreak che invalida la garanzia) si comunica quindi solo attraverso internet-wifi, in pratica solo a pagamento
- non visualizza contenuti in flash
- a differenza di tutti i principali modelli concorrenti, non supporta la NFC (Near Field Communication), un protocollo per lo scambio di dati fra terminali diversi in maniera rapida e veloce, oppure per praticare pagamenti in locali pubblici, molto usato all'estero.
- tutte le le app e i contenuti multimediali passano attraverso iTunes – uno dei peggiori programmi di tutti i tempi, che tra le altre cose non legge i file AVI-DivX direttamente (devono essere convertiti). La strategia di Apple è quella di spingere il pubblico a comprare musica e film da iTunes, e non certo facilitare la lettura dei vari tipi di file scaricati magari da emule. Hanno quindi fatto un lettore multimediale che legge solo quello che vuole lui e l'utente si deve adeguare applaudendo e sentendosi pure fiero.
- Non si può sostituire la batteria, quindi non puoi avere una di supporto...
per l' iPad valgono le stesse osservazioni aggiungendo un'altra:
- non ha una porta USB!!!



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domenica 2 dicembre 2012

Sanità: gli inconfessabili progetti del prof. Monti





Roma, 27 nov. 2012(Adnkronos Salute) - "La sostenibilità del nostro Sistema sanitario nazionale, di cui andiamo fieri, potrebbe non essere garantita se non si individuano nuove modalità di finanziamento". Lo dice Mario Monti intervenendo in collegamento a Palermo."Andiamo fieri del nostro Servizio sanitario nazionale, il ministro Balduzzi lavora incisivamente per migliorarlo ulteriormente. In futuro la sostenibiltà dei sistemi sanitari potrebbe non essere garantita se non si individuano nei prossimi due anni nuove modalità di finanziamento e di organizzazione dei servizi e delle prestazioni"

Roma, 28 nov. 2012 “Affermare la necessità di rendere il servizio sanitario pienamente sostenibile non ha nulla, proprio nulla a che vedere con la logica della privatizzazione” ha precisato il presidente del Consiglio...

Possibile che il professore si sia espresso male, che i giornalisti abbiano frainteso le sue affermazioni? Non pare credibile, il suo parziale dietrofront è dovuto a ragioni mediatiche, da “tecnico” è obbligato a tenere i toni bassi, ma la logica e le linee guida che vengono seguite dal suo governo sono proprio quelle: smantellare la sanità pubblica. Non a caso il mese scorso sul Corriere della sera era apparso un articolo di un autorevole consulente del governo, Francesco Giavazzi che sosteneva che non siamo più in condizioni di garantire l'assistenza sanitaria a tutti, e che bisogna limitarla ai più poveri, facendo pagare direttamente le prestazioni al ceto medio. Cosa dire poi della proposta del ministro della Salute Renato Balduzzi a proposito della “franchigia” per far pagare ai cittadini le spese sanitarie.
Come osserva Roberto Pizzuti nel suo articolo “L'antieuropeismo dei tagli alla sanità” (il manifesto 29 novembre 2012) “... Sia nella previdenza che nella sanità l’agenda Monti vuole non aggiungere nuove prestazioni private a quelle pubbliche, ma sostituire le prime alle seconde che, a tal fine, vengono consistentemente indebolite e rese inadeguate alle necessità. In entrambi i casi l’effetto sarà che i bisogni di sicurezza previdenziale e sanitaria saranno soddisfatti utilizzando lo strumento di mercato che è indiscutibilmente più costoso, meno efficace e meno equo poiché discrimina in funzione del reddito l’accesso a servizi di natura primaria. Naturalmente, qualcuno ci guadagnerà e per riuscirci cercherà di coinvolgere chi potrà essere utile a raggiungere quel risultato, ma il Paese nel suo insieme ci rimetterà”.
Infatti quando Monti parla di “fonti di finanziamenti alternativi” per sollevare le sorti della sanità si riferisce alla assicurazioni private, che sono il cardine del sistema sanitario americano. Un sistema che non funziona, che è costosissimo, per niente efficace, profondamente discriminatorio ed ingiusto. Non dimentichiamo che negli Stati Uniti ci sono 50 milioni di persone che non sono coperte da alcun tipo di assistenza. Non a caso la presidenza Obama ha voluto intervenire per modificare questa situazione insostenibile. Ma la scelta del governo Monti è una scelta ideologica: segue la logica del neoliberismo, dell'individualismo sfrenato, del primato del mercato sulla società.
Tornerò sull'argomento.

Per approfondire:

Sei malato? Ti tirano le pietre di Furio Colombo Il Fatto Quotidiano, 29 novembre 2012
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/29/sei-malato-ti-tirano-pietre/430706/

La ricetta americana di Monti di Felice Piersanti, da il manifesto, 29 novembre 2013
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-ricetta-americana-di-monti/

L'antieuropeismo dei tagli alla sanità di Felice Roberto Pizzuti - il manifesto 29 novembre 2012
http://rifondazionecomunistatadino.blogspot.it/2012/11/lantieuropeismo-dei-tagli-alla-sanita.html

Sanità: l'insostenibilità di Monti - Maura Cossutta – Altrenotizie (30 Novembre 2012)
http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o36561:e1

giovedì 11 ottobre 2012

IL BASTONE E LA CAROTA


''Il Paese va allenato. Dobbiamo usare un po' di bastone e un po' di carota e qualche volta dobbiamo utilizzare un po' di piu' il bastone e un po' meno la carota. In altri momenti bisogna dare piu' carote, ma mai troppe''. Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, Francesco Profumo, oggi a Genova, parlando dell'importanza del rispetto dei tempi nella pubblica amministrazione e in materia di semplificazione burocratica. (ANSA) - GENOVA, 8 OTT 2012


Mi aspettavo di leggere sui giornali risposte indignate ma ho trovato per lo più tiepidi commenti, tranne qualche rara eccezione. Ha ragione Giuseppe Aragno (il manifesto 11.10.2012) quando dice che non bisogna banalizzare il bastone e la carota del ministro Profumo. Infatti non si tratta di un'affermazione ingenua sparata da un tecnico che non ha dimestichezza con la politica, ma di una dichiarazione di intenti espressa in modo diretto e volutamente brutale. Stanno morendo dalla voglia di usare il bastone, i nostri cari governanti. E quando arriva il momento lo fanno, e in futuro lo faranno sempre più spesso. Sta a noi trovare il modo di fermarli.

Per approfondire.

mercoledì 26 settembre 2012

La sfilata di Nicole Minetti


Ci sarebbe tanto da dire sul caso Polverini – Fiorito - giunta della regione Lazio ma preferisco occuparmi di una vicenda un po' più frivola e superficiale. Leggo su www.politica24.it (ma la notizia c'era su tutti i giornali)

… La consigliera regionale del Popolo della Libertà alla Regione Lombardia, Nicole Minetti, ha sfilato l'altro giorno in intimo per il marchio di abbigliamento Parah in occasione della settimana della moda milanese. Dopo la sua sfilata hot, la Minetti ha dichiarato ai giornalisti che non ha nessuna intenzione di rinunciare al vitalizio poiché la politica rappresenta il suo lavoro e la sua principale passione. Per lei fare la modella in passerella o per campagne di intimo è solamente un lavoro saltuario. Ha asserito che la moda è un settore fondamentale per l’economia italiana e le sembrava giusto sostenerla con la sua immagine.
L’ex soubrette di Colorado Cafè ha aggiunto che con lei la moda e la politica si conciliano benissimo, ma non vuole rassegnare le dimissioni dall’incarico politico poiché riesce bene a fare entrambi i lavori. Nicole Minetti ha poi affermato che vedrebbe bene in passerella anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e ha elogiato il sindaco di Firenze Matteo Renzi, che è attualmente in corsa per le primarie del PD, poiché è giovane.
Nicole Minetti ha dunque sfilato per valorizzare l’economia del nostro Paese. Ecco cosa ha detto alcuni giorni fa: “In occasione della settimana della moda ho deciso di accettare l’invito del presidente Gregori Piazzalunga, perché Parah è uno straordinario esempio di marchio Made in Italy. La moda è una realtà importante nel panorama dell’economia italiana, che ritengo doveroso sostenere“.
25/09/2012

E brava la nostra consigliera, si sacrifica per il bene del Paese, sono curioso di vedere se Matteo Renzi accetterà la sfida di presentarsi in mutande, basta un'occasione qualsiasi, sarebbe uno spettacolo esilarante (magari se qualcuno lo consiglia male è capace di farlo...). Non c'è da meravigliarsi, Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano l'aveva fatto.


domenica 26 agosto 2012

Progressisti e moderati: il gioco delle tre carte



Avete visto il manifesto per la festa del partito democratico? All'insegna della sobrietà, non c'è che dire, qualsiasi grafico alle prime armi farebbe meglio, senza dubbio, ma il problema non è solo estetico. Tutta l'impostazione rispecchia la logica conformista e conservatrice che da tempo ormai sta paralizzando il PD. In mezzo alla composizione è stato posizionato un nastro/bandiera tricolore che si perde in alto a destra (ovviamente, tanto per capirci). Sotto c'è lo slogan principale: “dalla parte dell'Italia”. Dell'Italia? E già, fa tanto impresa, imparzialità, se fosse scritto “dalla parte degli italiani”, oppure “della gente” oppure “dei non privilegiati” avrebbe potuto suggerire un0idea di critica sociale, cosa da evitare in modo assoluto per non infastidire gli alleati di governo, i “moderati”, i futuri alleati alle elezioni, oppure le istituzioni europee ecc.
Un manifesto così può essere firmato tranquillamente da qualsiasi partito di destra: dall'estrema al centrodestra. Complimenti! Avanti così!

venerdì 17 agosto 2012

Trenitalia: trattamento di prima classe



Ieri era il mio ultimo giorno di vacanze, sono arrivato in aereo ed ho corso alla stazione di Milano Centrale per prendere il primo treno disponibile per arrivare a casa. In quel momento (18,15) partiva il Regionale Veloce 2285 Milano C. - Bologna C. che ho preso al volo. Sono salito di fretta all'ultima carrozza ed ho cercato un posto per sedermi. Il treno sembrava semivuoto, ma c'era un caldo INFERNALE tipo 50 gradi o forse anche di più. I passeggeri erano quasi tutti stranieri di “basso rango”, africani, cinesi, comunque c'erano pochi italiani. Sudavano ma subivano stoicamente. I finestrini erano quasi tutti bloccati e l'aria condizionata non funzionava, quindi il posto era diventato un forno. Quando il treno è partito si è presentata una controllora che si è messa ad accendere e spegnere interruttori nel quadro dei comandi senza ottenere alcun risultato. Si è rivolta quindi al pubblico a voce alta dicendo che l'aria condizionata era guasta e che dovevano spostarsi da quella carrozza, ma non dovevano andare alla carrozza adiacente, che era di prima classe, ma a quelle successive. Ho fatto un commento sarcastico sullo stato di abbandono delle ferrovie italiane e mi ha apostrofato subito. Abbiamo quasi litigato perché non ho potuto tacere e le ho risposto, comunque tutto è finito lì. Buona parte della gente non ha capito ed è rimasta, gli altri ci siamo spostati. Attraversando la carrozza di prima classe che era letteralmente vuota, ho notato che l'aria condizionata era al massimo, infatti la sensazione di fresco rasentava il disagio. Fermandomi alla prima carrozza di seconda classe che ho trovato, ho capito subito che il problema dell'aria condizionata era più generale: i finestrini erano quasi tutti aperti, e c'era un caldo soffocante. Ho chiesto agli altri passeggeri il motivo e mi hanno risposto che quando sono entrati il caldo era così insopportabile che non hanno resistito ed hanno aperto tutto nella speranza di far circolare un po' l'aria. Ho fatto un giro alle altre carrozze del treno (erano 8 in tutto) ed ho constatato la stessa cosa: l'aria condizionata in realtà funzionava solo in prima classe. Quindi il “guasto” era selettivo, rivolto solo verso i poveracci. Questa è la logica che permea la gestione e il modo di fare dell'amministrazione di Trenitalia, penalizzare il pendolare e il passeggero di seconda classe a favore di chi spende di più. Ci scontriamo sempre con lo stesso problema: chi ci amministra e ci governa in realtà tutela e promuove solo gli interessi dei ceti più forti.
Mi rendo conto che con tutti i seri problemi che ci sono da affrontare in questo momento, questo possa sembrare un particolare secondario, ma penso che qualcuno debba protestare e farlo a voce alta, la gente si è rassegnata, ormai è abituata ai disservizi e allo stato di totale sfacelo delle cose pubbliche a tal punto da restare apatica e indifferente sia alle cose marginali ma anche a quelle importanti. 

domenica 22 luglio 2012

Non la smetteranno mai




Leggo sul “Corriere della sera” del 20 luglio che Berlusconi ha comprato una villa sul lago di Como dal suo amico Dell'Utri pagandola 21 milioni di euro, mentre il suo valore reale era meno della metà. 11 milioni sono stati poi trasferiti su un conto in una banca di Santo Domingo.
L'operazione risale all'8 marzo scorso, un giorno prima della sentenza della Cassazione sul caso Dell'Utri.
I pm ipotizzano che si tratti di una compravendita truccata, infatti l'ex premier avrebbe pagato così il silenzio del senatore sull'insieme di intrecci e di rapporti tra lui e Cosa nostra.
A voi le conclusioni. 


lunedì 16 luglio 2012

Hollande, no a pareggio di bilancio in costituzione (poveri francesi, non capiscono niente)


Leggo – con soddisfazione- che la Francia non intende inserire nella sua costituzione l'obbligo del pareggio di bilancio: Lo ha dichiarato ieri l'altro (14 luglio) il presidente francese, Francois Hollande, aggiungendo che le eventuali regole di bilancio possono essere inserite nella legislazione ordinaria, che dovrà prevedere un'inasprimento fiscale per i redditi alti al fine di finanziare il welfare senza aumentare il deficit. Nessuna fretta, nessun allarme, nessuna emergenza. 

Invece noi abbiamo fatto meglio, già tre mesi fa, praticamente senza nessun dibattito e con l'assenso del Partito Democratico è stata votata con maggioranza bulgara al Senato (295 sì e 11 no) la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che prevede appunto che «...lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico».
Una lettura della crisi e una falsa ricetta per uscirne dettata dalle banche franco-tedesche e dalle politiche dalle destre conservatrici e neoliberiste europeee.


Un sito interessante dove vengono approfonditi argomenti simili:

mercoledì 25 aprile 2012

25 aprile: la perdita della memoria



Roma, 24 apr. (Adnkronos) - Il 25 aprile "è diventata la festa di tutto il popolo e la Nazione italiana. Nessuna ricaduta in visioni ristrette e divisive del passato, dopo lo sforzo paziente compiuto per superarle è oggi ammissibile". Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che oggi al Quirinale ha incontrato le Associazioni Combattentistiche e d'Arma, in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile.
"E' una grande forza della democrazia - ha aggiunto il capo dello Stato – il promuovere occasioni di unità tra tutte le forze politiche e sociali che si riconoscono in fondamentali valori comuni, quelli che si celebrano in una giornata come il 25 aprile, quelli che sono sanciti nella prima parte della Costituzione repubblicana".
La Resistenza è stata "una grande esperienza collettiva nazionale", un "processo di altissimo valore ideale e morale, ma anche complesso e non esente da ombre", ha detto Napolitano. "Anche attraverso analisi e riflessioni critiche, e rimuovendo reticenze se non occultamenti della verità - ha proseguito -, si sono messi a fuoco momenti negativi o aspetti fuorvianti di un processo di altissimo valore ideale e morale, ma anche complesso e non esente da ombre. E si è lavorato tenacemente per liberare l'immagine e il volto della Resistenza dalle ferite di quel che fu anche guerra civile e dalle stratificazioni di ostilità e di odio di cui ancora rimanevano tracce".
L'Italia ha "assoluto bisogno di occasioni di unità, di terreni di dialogo e di responsabile collaborazione" per affrontare "con successo le gravi difficoltà finanziarie, economiche e sociali riconducibili a troppi ritardi e carenze nello sciogliere nodi strutturali e istituzionali che ostacolano il pieno dispiegamento delle straordinarie risorse ed energie su cui l'Italia può far leva", ha detto il presidente della Repubblica.
...
"Esperienza non esente da ombre", "momenti negativi o aspetti fuorvianti", "stratificazioni di ostilità e di odio", "visioni ristrette e divisive del passato" queste sono le parole che ha trovato per descrivere la Resistenza il nostro Presidente. Qualche anno fa un discorso del genere sarebbe stato considerato revisionismo storico ma oggi viene passato per equilibrato, un colpo alla botte e uno al cerchio.
Ma quali sono queste forze politiche e sociali che si riconoscono nei fondamentali valori comuni e con le quali dobbiamo celebrare la ricorrenza di oggi superando le divisioni del passato? Possiamo chiederlo al sindaco di Roma Alemanno che non se la sente di condannare il regime fascista (vedi sotto) oppure a Mario Borghezio che vorrebbe onorare i caduti della Repubblica di Salò (perché no? In fondo erano in buona fede).

25 aprile: Borghezio, domani andrei a onorare caduti Repubblica Sociale

 24 aprile 2012, ore 19:30
Roma, 24 apr. (Adnkronos) - "Se non fossi impegnato a fare il mio dovere di europarlamentare a Bruxelles", domani 25 aprile "andrei volentieri al cimitero centrale di Torino ad onorare le tombe dei dimenticati, cioe' i caduti della Repubblica Sociale Italiana". Lo ha detto Mario Borghezio, eurodeputato della Lega Nord, intervenendo a 'Un Giorno da Pecora'. "Nella mia vita - aggiunge rispondendo alle domande dei conduttori - non sono mai andato ad un corteo dell'Anpi e non ci andrei certo domani".

Veltroni si dimette da Museo Shoah "Alemanno, frasi ambigue"

La Repubblica, 8 settembre 2008
... Il sindaco di Roma ha fatto un distinguo tra il regime di Mussolini in generale e le leggi contro gli ebrei. Il primo, ha detto il sindaco, "non fu il male assoluto e non mi sento di condannarlo". Condanna che, invece, Alemanno riserva alle leggi razziali promulgate dal regime: "Quelle sono state il vero male assoluto". Una posizione diversa da quella di Fini che, nel 2003 in Israele, condannò il fascismo in toto chiamandolo, appunto, "il male assoluto". Una posizione, quella di Alemanno, che ha fatto insorgere la comunità ebraica, e non solo.  

domenica 4 marzo 2012

In Grecia non conviene ammalarsi



Uno scenario da brivido, per ora scongiurato, almeno in Italia, ma già presente in Grecia e non del tutto da escludere neppure per il nostro Paese nel prossimo futuro.
In base ai dati messi a disposizione dalla Federazione europea delle industrie e associazioni farmaceutiche (EFPIA), Italia, Grecia, Spagna e Portogallo devono dai 12 ai 15 miliardi di euro alle società farmaceutiche, tra cui le svizzere Roche e Novartis. Queste ultime due, di conseguenza, starebbero valutando di limitare le forniture di medicinali ai paesi debitori: “La situazione è oggettivamente gravissima”, ha dichiarato in un’intervista Dario Francolino, Head of Communications & Public Affairs Roche Italia. La sua azienda ha un fatturato di un miliardo all’anno, e solo verso la sanità italiana un credito di 500 milioni che le strutture sanitaria italiane stanno pagando con un ritardo di oltre 24 mesi. Per ora, dagli uffici svizzeri, nessuno ha ancora parlato esplicitamente di tagli alle forniture italiane, ma di "variare alcune cose sulle modalità di pagamento" con forme e modi ancora da definire.
Diversamente sono andate le cose in Grecia. Nel paese, la cui economia è ormai allo stremo, secondo le cifre rese note dall’Associazione Ellenica delle Compagnie Farmaceutiche, gli ospedali pubblici greci hanno saldato solo il 37% dei debiti contratti negli ultimi 18 mesi con le ditte produttrici di farmaci, cioè su un totale di debiti che raggiunge quota 1,9 miliardi di euro, solo 717 milioni di euro e, in base a quanto spiega Roche, alcuni ospedali non pagano i debiti da almeno tre o quattro anni.
A nulla era servito, poi, nel 2010, il tentativo di ripianare il debito con i fornitori pagando 400 milioni di euro attraverso bond greci (anzi: la trasformazione del debito farmaceutico in debito sovrano che ha portato la farmaceutica al possesso di un pacchetto di buoni greci del valore di 30 milioni di euro).
Dunque basta medicinali alla Grecia. Almeno agli ospedali. La Roche, infatti, ha sospeso la fornitura di medicinali alle strutture sanitarie, ma non alle farmacie. Per questo motivo si assiste a scene paradossali in cui i pazienti si recano a comprare di tasca loro un determinato medicinale e poi lo portano con sé all’ospedale per farselo iniettare dai medici.
Ma se la Grecia piange, il resto d’Europa non ride: lo stesso problema si ripropone, seppure con forme diversa, in altri paesi, dell’area euro: il nostro, Spagna e Portogallo. E la crisi potrebbe farsi davvero terribile.

http://paskdesy.blogspot.com/2012/03/la-scomparsa-dei-medicinali.html

giovedì 23 febbraio 2012

Salviamo la Grecia dai suoi salvatori

(buona parte della stampa italiana ha ignorato l'appello che segue, e non c'è da stupirsi. Anche i giornali di “sinistra” quando parlano della Grecia raccontano la situazione sempre dal punto di vista delle banche, usando una terminologia tecnicistica e toni paternalistici. Ieri su “il Fatto Quotidiano” StefanoVergine sembrava preoccupato perché i sondaggi danno la sinistra radicale greca intorno al 30% in caso di elezioni.)

 Salviamo la Grecia dai suoi salvatori
Vicky Skoumbi, Dimitris Vergetis, Michel Surya*
 Il caso greco e il suo epilogo sono arrivati a un punto di non ritorno. La battaglia da fare per costruire un'altra Europa Nel momento in cui un giovane greco su due è disoccupato, 25.000 persone senza tetto vagano per le strade di Atene, il 30 per cento della popolazione è ormai sotto la soglia della povertà, migliaia di famiglie sono costrette a dare in affidamento i bambini perché non crepino di fame e di freddo e i nuovi poveri e i rifugiati si contendono l'immondizia nelle discariche pubbliche, i "salvatori" della Grecia, col pretesto che i Greci "non fanno abbastanza sforzi", impongono un nuovo piano di aiuti che raddoppia la dose letale già somministrata. Un piano che abolisce il diritto del lavoro e riduce i poveri alla miseria estrema, facendo contemporaneamente scomparire dal quadro le classi medie. L'obiettivo non è il "salvataggio"della Grecia: su questo punto tutti gli economisti degni di questo nome concordano. Si tratta di guadagnare tempo per salvare i creditori, portando nel frattempo il Paese a un fallimento differito.Si tratta soprattutto di fare della Grecia il laboratorio di un cambiamento sociale che in un secondo momento verrà generalizzato a tutta l'Europa.
 Il modello sperimentato sulla pelle dei Greci è quello di una società senza servizi pubblici, in cui le scuole, gli ospedali e i dispensari cadono in rovina, la salute diventa privilegio dei ricchi e la parte più vulnerabile della popolazione è destinata a un'eliminazione programmata, mentre coloro che ancora lavorano sono condannati a forme estreme di impoverimento e di precarizzazione. Ma perché questa offensiva neoliberista possa andare a segno, bisogna instaurare un regime che metta fra parentesi i diritti democratici più elementari. Su ingiunzione dei salvatori, vediamo quindi insediarsi in Europa dei governi di tecnocrati in spregio della sovranità popolare. Si tratta di una svolta nei regimi parlamentari, dove si vedono i "rappresentanti del popolo" dare carta bianca agli esperti e ai banchieri, abdicando dal loro supposto potere decisionale. Una sorta di colpo di stato parlamentare, che fa anche ricorso a un arsenale repressivo amplificato di fronte alle proteste popolari. Così, dal momento che i parlamentari avranno ratificato la Convenzione imposta dalla Troika (Ue, Bce, Fmi), diametralmente opposta al mandato che avevano ricevuto, un potere privo di legittimità democratica avrà ipotecato l'avvenire del Paese per 30 o 40 anni. Parallelamente, l'Unione europea si appresta a istituire un conto bloccato dove verrà direttamente versato l'aiuto alla Grecia, perché venga impiegato unicamente al servizio del debito.
Le entrate del Paese dovranno essere "in priorità assoluta" devolute al rimborso dei creditori e, se necessario, versate direttamente su questo conto gestito dalla Ue. La Convenzione stipula che ogni nuova obbligazione emessa in questo quadro sarà regolata dal diritto anglosassone, che implica garanzie materiali, mentre le vertenze verranno giudicate dai tribunali del Lussemburgo, avendo la Grecia rinunciato anticipatamente a qualsiasi diritto di ricorso contro sequestri e pignoramenti decisi dai creditori. Per completare il quadro, le privatizzazioni vengono affidate a una cassa gestita dalla Troika, dove saranno depositati i titoli di proprietà dei beni pubblici.. In altri termini, si tratta di un saccheggio generalizzato, caratteristica propria del capitalismo finanziario che si dà qui una bella consacrazione istituzionale. Poiché venditori e compratori siederanno dalla stessa parte del tavolo, non vi è dubbio alcuno che questa impresa di privatizzazione sarà un vero festino per chi comprerà. Ora, tutte le misure prese fino a ora non hanno fatto che accrescere il debito sovrano greco, che, con il soccorso dei salvatori che fanno prestiti a tassi di usura, è letteralmente esploso sfiorando il 170% di un Pil in caduta libera, mentre nel 2009 era ancora al 120%. C'è da scommettere che questa coorte di piani di salvataggio - ogni volta presentati come 'ultimi'- non ha altro scopo che indebolire sempre di più la posizione della Grecia, in modo che, privata di qualsiasi possibilità di proporre da parte sua i termini di una ristrutturazione, sia costretta a cedere tutto ai creditori, sotto il ricatto "austerità o catastrofe".
 L'aggravamento artificiale e coercitivo del problema del debito è stato utilizzato come un'arma per prendere d'assalto una società intera. E non è un caso che usiamo qui dei termini militare: si tratta propriamente di una guerra, condotta con i mezzi della finanza, della politica e del diritto, una guerra di classe contro un'intera società. E il bottino che la classe finanziaria conta di strappare al 'nemico' sono le conquiste sociali e i diritti democratici, ma, alla fine dei conti, è la stessa possibilità di una vita umana. La vita di coloro che agli occhi delle strategie di massimizzazione del profitto non producono o non consumano abbastanza non dev'essere più preservata. E così la debolezza di un paese preso nella morsa fra speculazione senza limiti e piani di salvataggio devastanti diviene la porta d'entrata mascherata attraverso la quale fa irruzione un nuovo modello di società conforme alle esigenze del fondamentalismo neoliberista. Un modello destinato all'Europa intera e anche oltre. E' questa la vera questione in gioco. Ed è per questo che difendere il popolo greco non si riduce solo a un gesto di solidarietà o di umanità: in gioco ci sono l'avvenire della democrazia e le sorti del popolo europeo. Dappertutto la "necessità imperiosa" di un'austerità dolorosa ma salutare ci viene presentata come il mezzo per sfuggire al destino greco, mentre vi conduce dritto.
 Di fronte a questo attacco in piena regola contro la società, di fronte alla distruzione delle ultime isole di democrazia, chiediamo ai nostri concittadini, ai nostri amici francesi e europei di prendere posizione con voce chiara e forte. Non bisogna lasciare il monopolio della parola agli esperti e ai politici. Il fatto che, su richiesta dei governanti tedeschi e francesi in particolare, alla Grecia siano ormai impedite le elezioni può lasciarci indifferenti? La stigmatizzazione e la denigrazione sistematica di un popolo europeo non meritano una presa di posizione? E' possibile non alzare la voce contro l'assassinio istituzionale del popolo greco? Possiamo rimanere in silenzio di fronte all'instaurazione a tappe forzate di un sistema che mette fuori legge l'idea stessa di solidarietà sociale? Siamo a un punto di non ritorno. E' urgente condurre la battaglia di cifre e la guerra delle parole per contrastare la retorica ultra-liberista della paura e della disinformazione. E' urgente decostruire le lezioni di morale che occultano il processo reale in atto nella società. E diviene più che urgente demistificare l'insistenza razzista sulla "specificità greca" che pretende di fare del supposto carattere nazionale di un popolo (parassitismo e ostentazione a volontà) la causa prima di una crisi in realtà mondiale. Ciò che conta oggi non sono le particolarità, reali o immaginari, ma il comune: la sorte di un popolo che contagerà tutti gli altri. Molte soluzioni tecniche sono state proposte per uscire dall'alternativa "o la distruzione della società o il fallimento" (che vuol dire, lo vediamo oggi, sia la distruzione sia il fallimento). Tutte vanno prese in considerazione come elementi di riflessione per la costruzione di un'altra Europa. Prima di tutto però bisogna denunciare il crimine, portare alla luce la situazione nella quale si trova il popolo greco a causa dei "piani d'aiuto" concepiti dagli speculatori e i creditori a proprio vantaggio. Mentre nel mondo si tesse un movimento di sostegno e Internet ribolle di iniziative di solidarietà, gli intellettuali saranno gli ultimi ad alzare la loro voce per la Grecia? Senza attendere ancora, moltiplichiamo gli articoli, gli interventi, i dibattiti, le petizioni, le manifestazioni. Ogni iniziativa è la benvenuta, ogni iniziativa è urgente. Da parte nostra ecco che cosa proponiamo: andare velocemente verso la formazione di un comitato europeo di intellettuali e di artisti per la solidarietà con il popolo greco che resiste. Se non lo facciamo noi, chi lo farà? Se non adesso, quando?
 *Rispettivamente redattrice e direttore della rivista Aletheia di Atene e direttore della rivista Lignes, Parigi.
 Prime adesioni: Daniel Alvaro, Alain Badiou, Jean-Christophe Bailly, Etienne Balibar, Fernanda Bernardo, Barbara Cassin, Bruno Clement, Danièle Cohen-Levinas, Yannick Courtel, Claire Denis, Georges Didi-Hubermann, Ida Dominijanni, Roberto Esposito, Francesca Isidori, Pierre-Philippe Jandin, Jérome Lebre, Jean-Clet Martin, Jean-Luc Nancy, Jacques Ranciere, Judith Revel, Elisabeth Rigal, Jacob Rogozinski, Avital Ronell, Ugo Santiago, Beppe Sebaste, Michèle Sinapi, Enzo Traverso
 il manifesto 2012.02.22

domenica 12 febbraio 2012

La polizia greca intende arrestare gli esponenti di BCE, FMI, Unione Europea



Negli ultimi tempi le notizie che riguardano la Grecia vengono ignorate, oppure fatte passate da un filtro per diventare incomprensibili. L'intenzione  è quella di non far allarmare la gente che legge oppure che guarda la tv, perché, visto come stanno andando le cose, queste scene si ripeteranno prima o poi anche da noi. Tanto per fare un esempio, ho cercato di trovare la notizia sui giornali italiani ma non sono riuscito a trovare traccia:

La polizia greca non caricherà più i manifestanti e arresterà responsabili di UE, BCE e FMI che dovessero ripresentarsi in Grecia per aver tramato contro la democrazia:

"Il sindacato di Polizia Greca chiede l'ARRESTO dei rappresentanti della TROIKA! Uno dei principali sindacati della polizia ellenica, la Poasy, con una lettera resa di pubblico dominio ha chiesto alle autorità competenti di emettere ordini di arresto a carico dei rappresentanti in Grecia della cosiddetta 'troika', che accusano apertamente di voler strangolare il Paese attraverso le misure draconiane imposte al governo di Atene per evitare il default. Il messaggio e' stato fatto recapitare direttamente agli interessati: Poul Thomsen del Fondo Monetario Internazionale, Servaz Deruz della Commissione Europea e Klaus Mazuch della BCE. "Siate avvertiti", vi si legge, "del fatto che, in quanto legittimi delegati della polizia greca, esigiamo siano emessi nei vostri confronti ordini di arresto per una vasta gamma di reati previsti dalle leggi vigenti, in armonia con il nostro Codice Penale".

Fonte: http://www.beppegrillo.it/2012/02/la_polizia_grec.html

Ed ecco  la lettera tradotta dal greco:

Per i rappresentanti: presidente della Commissione europea: Servaz Nteroouz
Fondo Monetario Internazionale,: il signor Thomsen Pooul
Banca centrale europea, :Mr. Klaouz Mazouch
Signori,
Il Consiglio generale allargato della Federazione, con i rappresentanti di tutte le organizzazioni degli agenti di polizia del paese nel lavoro di ieri e di oggi 2012/08/02 2012/09/02 all'unanimità ha deciso di contattarvi e illustrarvi i seguenti punti:
Per due anni, la Federazione nazionale degli agenti di polizia, vi ha avvertiti che la politica di dettare misure che richiedono di essere attuate 'con la pistola alla tempia,"ha mandato all’aria la coesione sociale e ha fatto morire ogni speranza per la ripresa dell’economia greca.
Contemporaneamente, la nostra protesta è stata presentata presso la sede dell'Unione europea e le ambasciate di Germania e Francia, ed esprime la nostra opposizione a qualsiasi misura e politiche che offendono l'orgoglio e la sensibilità democratica della nostra gente.
Abbiamo avvertito che ci rifiutiamo di scontrarci con i genitori, i fratelli, i nostri figli, ogni cittadino di questo paese, che protesta e chiede cambiamenti .
Tutto quello che chiediamo politiche programmatiche che tutelino gli interessi dei lavoratori e di tutti noi che adesso viviamo sotto la soglia di povertà.
Gli interessi dei creditori degli usurai e dei capitalisti che bramano la nostra ricchezza nazionale, non può, secondo nessuna regola di diritto, essere prioritario rispetto ai bisogni primari della gente comune. Inoltre, la priorità della sopravvivenza dei cittadini di una nazione, è legge internazionale, che afferma la priorità della sopravvivenza del popolo, non solo per quanto riguarda la politica interna ,ma anche per la intera comunità internazionale.
Inoltre, non siamo né noi né la maggioranza della popolazione responsabili della crisi.
Invece, vediamo ancora una volta che si continua con le stesse politiche distruttive per tutti noi, vorremmo affermare categoricamente che in nessun caso accetteremo di essere comandati per uccidere i nostri fratelli.
Vi avvertiamo come legittimi rappresentanti della polizia greca, che pretenderemo di emettere immediatamente, come previsto dalla legge, mandato di cattura istantaneo per una serie di violazioni della legge, in conformità a specifiche disposizioni del codice penale, come ad esempio l'estorsione, ricatto, e il segreto tentativo di eliminazione o riduzione del nostro sistema politico democratico e della sovranità nazionale, e il danneggiamento di altri beni giuridici essenziali del popolo greco.

fonte:http://www.e-magazino.gr/epikairotit...sillipsis.html

http://www.nooz.gr/greece/entalma-sillipsis-tis-troikas-zitoin-astunomikoi

giovedì 19 gennaio 2012

I bassi salari colpiscono la produttività



Stefano Perri fonte: il manifesto 12 gennaio 2012
Si parla molto, in questa difficile situazione economica, di equità. Tuttavia la parola rischia di perdere significato. La parola equità, secondo la definizione del dizionario, deriva dal termine eguaglianza ed è sinonimo di giustizia, imparzialità: una misura o un’azione è equa se non favorisce in modo ingiustificato un soggetto o un gruppo di soggetti rispetto ad altri.
Tuttavia la parola assume significato solo se si dichiara rispetto a quale sistema di valori si intenda perseguire l’equità. Nella situazione attuale, ma la distinzione risale molto indietro nel tempo, mi sembra che si confrontino due concetti differenti di equità: il primo si riferisce principalmente alle regole del mercato. In questo senso sarebbe iniqua qualsiasi situazione favorisca un gruppo rispetto a un altro distorcendo le regole del mercato e producendo rendite di posizione, ad esempio, per le generazioni presenti rispetto a quelle future, per le imprese protette dalla concorrenza rispetto a quelle che operano in settori aperti, o per i lavoratori garantiti rispetto agli altri e via dicendo. In questo senso, per fare un esempio banale, una partita di calcio è equa se sono rispettate le regole del gioco.
A questa concezione se ne contrappone un’altra, secondo la quale l’equità è prima di tutto giustizia intesa come eguaglianza non solo nelle regole che governano la competizione, ma nella possibilità che tutti possano esercitare effettivamente i propri diritti, sia individuali che sociali ed economici, in modo da poter usufruire delle opportunità e perseguire i propri obiettivi di felicità, crescita e autorealizzazione.
Una partita di calcio tra una squadra di serie A ed una di terza categoria non sarebbe equa, pur rispettando le regole, per lo squilibrato rapporto di forze tra le squadre in campo. Il più diffuso manuale introduttivo di economia del dopoguerra, «Economia» di Paul A. Samuelson, spiegava la differenza tra i due concetti di equità in questo modo: in un’economia di mercato il cane di un ricco può ricevere il latte necessario a un bambino povero per non diventare rachitico. Le scelte di ciascuno pesano per il reddito e la capacità di acquisto differente su cui ciascuno può fare affidamento. Di conseguenza il diritto del bambino a uno sviluppo sano può essere eluso rispettando in pieno le regole del mercato. I sostenitori della prima concezione accusano spesso di ideologismo i sostenitori della seconda. Tuttavia non c’è ragione per cui la prima concezione non possa anch’essa esprimersi in termini del tutto ideologici, senza riferimenti ai dati di fatto. In un recente articolo sul Corriere della Sera del 2 gennaio, Alesina e Giavazzi hanno sostenuto che il fatto che i salari medi dei lavoratori italiani siano molto inferiori a quelli dei lavoratori europei non solleva una questione di equità, ma rispecchia la minore crescita della produttività del lavoro in Italia. Da questo punto di vista i bassi salari non sarebbero iniqui, perché riflettono le regole del gioco.
I due autori notano infatti che «i salari dipendono dalla produttività, che in Italia è cresciuta molto meno che negli altri Paesi europei». Tuttavia i due autori non si preoccupano minimamente di verificare se i dati sostengano effettivamente l’idea che la causa dei bassi salari italiani sia legata all’andamento della produttività del lavoro nel nostro paese in relazione alle altre economie.
Da una elaborazione dei dati Ameco si traggono informazioni importanti raffrontando i dati relativi alle variazioni percentuali dal 1980 al 2000 delle retribuzioni reali del lavoro e della produttività del lavoro. I dati riguardano la Germania, la Spagna, la Francia e l’Italia e partono dal decennio 1980, nel quale, in tutti i paesi considerati, i salari reali cominciano a crescere in misura minore della produttività del lavoro, cosicché la quota dei salari sul reddito comincia a diminuire. Tuttavia, negli anni Ottanta la crescita dei salari reali in Italia è superiore a quella degli altri paesi, mentre la crescita della produttività del lavoro è più omeno in linea con quella degli altri paesi (superiore alla Germania, ma moderatamente minore che in Francia e in Spagna).
La differenziazione rispetto agli altri paesi europei si concentra negli anni Novanta. Si noti bene che in questo decennio la crescita della produttività del lavoro è addirittura in Italia più alta degli altri paesi. Ma è proprio in questo decennio che i salari reali rimangono indietro in Italia, crescendo rispettivamente di 6,3, 6,69 e 9,13 punti percentuali in meno della Spagna, della Germania e della Francia. È viceversa solo nel primo decennio del 2000 che la produttività del lavoro in Italia smette di crescere, e addirittura diviene negativa, mentre negli altri paesi la crescita di questa variabile rallenta, ma rimane pur sempre positiva. In questo periodo però, contrariamente alle attese, le retribuzioni reali dei lavoratori italiani crescono, sia pure in misura moderatamente inferiore alla Spagna e consistentemente inferiore alla Francia. In Germania l’andamento dei salari reali ha addirittura un segno negativo. I dati raccontano quindi una storia ben diversa da quella narrata da Alesina e Giavazzi. La presunta causa dei bassi salari in Italia, il rallentamento e la diminuzione della produttività del lavoro, si è effettivamente verificata solo dopo il presunto effetto. Nel mondo dell’economia effetti che si verificano prima della loro causa non sono possibili. La verità è che i due economisti non hanno tenuto in considerazione uno degli accorgimenti metodologici più elementari della disciplina: la marshalliana clausola del ceteris paribus. Se tutto il resto rimanesse lo stesso, potremmo sostenere ragionevolmente che le variazioni dei salari reali siano la conseguenza delle variazioni della produttività del lavoro. Il problema è che tutto il resto non è rimasto affatto lo stesso e l’andamento dei salari nelle economie considerate è stato determinato più consistentemente dai mutamenti delle condizioni istituzionali, sociali e politiche che dalle variazioni della produttività del lavoro. Dato l’ordine temporale degli avvenimenti, non sarebbe inopportuno considerare la tesi opposta. La produttività del lavoro non è cresciuta in Italia anche perché i salari sono rimasti fermi. La tesi che la produttività del lavoro possa essere considerata una funzione proporzionale ai salari reali può scandalizzare molti dei nostri economisti ortodossi, ma in realtà è stata argomenta, in diversi contesti, da numerosi grandi economisti, a partire proprio da Adam Smith per arrivare a Joseph Stiglitz.
http://www.controlacrisi.org




Se questo è vero, agli economisti resta il compito di spiegare quali fenomeni di natura istituzionale e riguardanti la struttura industriale della nostra economia hanno portato alla concentrazione in Italia di un fenomeno come la diminuzione della quota dei salari sul reddito che, benché si sia anche verificato nella maggior parte delle economie sviluppate, nel nostro paese ha assunto, nel decennio 1990, un carattere molto più violento che altrove. Per la discussione di politica economica e politica in senso più lato, il problema della retribuzione del lavoro e della distribuzione del reddito in Italia si conferma senza dubbio un problema centrale dal quale non si può prescindere se si vuole parlare, con un minimo di cognizione di causa, di equità.

Pareggio di bilancio, un’attentato alla democrazia

  15/01/2012 di giuseppearagno
Si dice – e dev’esserci un fondo di verità – che Iddio acceca chi condanna a perdersi. Si levano da più parti lamenti scandalizzati per il referendum sulla legge elettorale che la Consulta ha giudicato inammissibile e c’è chi si mostra sorpreso per le reazioni degli immancabili “illuminati”. La verità è che da tempo immemorabile ormai, la cosiddetta “società civile” fa danni come si muove e se è onnipresente, quando la discussione si fa sulla “lana caprina”, stupisce per l’ostinato silenzio, se in gioco ci sono le questioni scomode e gli equilibri legati alle formule bieche del “politicamente corretto”. Sono anni che andiamo avanti così ed era fatale: siamo al capolinea. Dopo che Scalfari ha dato dell’imbecille a chi provava ad avanzavare dubbi sulla costituzionalità dell’operazione Monti – e il privilegio della “consacrazione” è toccato anche a me, che sul Manifesto i miei dubbi li ho esposti – appare sempre più probabile che un Dio onnipotente si sia messo all’opera per ridurci al ruolo di oche starnazzanti per la sicurezza del Campidoglio, mentre l’Urbe va a fuoco e non c’è chi provveda. Chi, se non la divina cecità dell’amore, ha spinto “Libertà e Giustizia” a ventilare non so che “sciopero del voto” e indotto, per converso, Flores d’Arcais, a quella sorta di dispetto infantile, che chiama i cittadini a votare, perché c’è una legge con cui non si può… votare?
Un rischio mortale incombe sulla vita della democrazia. Si profila all’orizzonte ogni giorno più chiaro, ma non preoccupa praticamente nessuno, non scatena indignate proteste dell’accecata – o complice? – “società civile”: la maggiominoranza di nominati che siede in un Parlamento ridotto ormai a una sorta di svergognata Camera dei Fasci e delle Corporazioni, tiene in piedi un Governo mai eletto e onnipotente – eccolo il marchingegno fraudolento – pronto a varare una “modifica” costituzionale che inserisce nella Carta il cosiddetto “pareggio di bilancio”. Nella forma tutto ha i crismi della santità, nella sostanza è una pugnalata vibrata al cuore della democrazia, un colpo mortale che cancella ogni possibile autonomia della politica e chiude le vie praticabili a qualunque serio provvedimento di tutela sociale. “Costoso” si dirà domani, eppure sacrosanto.
Quando tutto questo sarà accaduto, un buon ragioniere basterà a governare la repubblica e nessuno potrà più rimediare al danno e far sì che si torni alla situazione attuale. Quale che potrà essere la legge elettorale che avremo, e non c’è da sperare in provvedimenti miracolosi, un dato è certo, e per questo occorre ringraziare il presidente Giorgio Napolitano: non vi sarà mai una maggioranza numericamente sufficiente e politicamente alternative alla maggio-minoranza che sostiene Monti, in grado di cancellare le riforme già approvate alla Camera e al Senato in prima istanza e quelle che in un prossimo futuro Monti intende realizzare. Due terzi del Parlamento e neanche la possibilità  di reagire, raccogliendo firme per un referendum! Non c’è legge elettorale in grado di riproporre questa situazione. Per condurci a questa tragica crisi era necessario che accadesse quello che c’è passato sotto il naso, mentre manipoli di manipolati salutavano il “nuovo 25 aprile”. Gli storici diranno domani cos’è stata davvero questa seconda liberazione. A noi tocca oggi prenderne atto e denunciarlo: sarà impossibile cambiare di nuovo la Costituzione. Una via sola rimane: dar fondo alle energie, mettere assieme le intelligenze, alimentare il dissenso e costruire al più presto una straordinaria mobilitazione che sbarri il passo alla reazione e ponga fine a questa sorte di agonia della Costituzione, che apre la via a un vero e proprio omicidio di quello che un tempo chiamavamo “Stato sociale”.
Uscito su “il Manifesto” del 18 gennaio 2012.