domenica 30 maggio 2010

PIERSILVIO BERLUSCONI, MANOVRA YACHT E SACRIFICI PER TUTT


Il Presidente della Repubblica con suo pacato e simpatico tono di voce nei giorni scorsi aveva auspicato che i sacrifici connessi alla Manovra fossero equamente distribuiti.
..e infatti oltre ad una palese disparita’ di trattamenti che lascia praticamente indenni tutti coloro che sono i principali responsabili della situazione, ecco che nella giornata in cui viene varata dal Consiglio dei Ministri una raccolta di sacrifici, leggiamo che il figlio del Presidente del Consiglio con un tempismo encomiabile vara la sua nuova barchetta: uno yacht di 37 metri da 18 milioni di euro!
Forse quando il Premier diceva che siamo tutti sulla stessa barca, nelle sue parole c’era un accenno ironico a questa barca!!!
Probabilmente pero’ Piersilvio aveva in mente un panfilo di 40 metri e ha sacrificato 3 metri per solidarieta’ con la nazione.
Per restare in tema nautico, questo avviene in una nazione dove alle notizie che si accavallano l’un l’altra su crisi economiche, tagli di stipendi e cancellazioni di Province, si mescolano anche affermazioni sugli incubi di un bimbo a causa del sequestro dello yacht di famiglia da parte della Guardia di Finanza!
L’Italia e’ veramente il Paese di Santi, Poeti e Navigatori!

da: http://www.lachiacchiera.it/piersilvio-berlusconi-manovra-yacht-e-sacrifici-per-tutti-10891/

venerdì 28 maggio 2010

IL PIANO DI RINASCITA E' REALTA'

Propagando la menzogna su una lotta senza quartiere al crimine organizzato il governo sta facendo passare una serie di provvedimenti che minano alla base lo Stato di diritto.Con la legge sulle intercettazioni il governo e la maggioranza servile che lo sostiene approvano l’ennesimo provvedimento che mira, scientemente, a consolidare la borghesia mafiosa della quale sono referenti oggettivi e garanti. Una delle più grandi menzogne di Stato degli ultimi mesi – pompata ad arte anche dalla propaganda di regime di Minzolini & Co. – è quella relativa al fatto che questo governo sia il migliore nel contrasto al crimine organizzato. Il dato oggettivo è di segno diametralmente opposto. Questo governo, con le architravi centrali di Berlusconi e Lega, è quello che più di ogni altro si adopera per rafforzare un sistema intriso di corruzione e mafia. Come? Attraverso l’approvazione di leggi che non consentono alla magistratura e alle forze dell’ordine di esercitare il controllo di legalità e che privano la stampa della facoltà di poter adempiere al diritto-dovere di cronaca.
L’elenco di provvedimenti è davvero lungo, tanto che il piano Propaganda2 di Licio Gelli sembra quasi un puzzle da dilettanti. Ecco alcune leggi volute da Berlusconi e dai poteri forti e occulti dei quali è propaggine e garante e che sono avallate dalla Lega che, ormai, è divenuta partito architrave del sistema. La legge sullo scudo fiscale che introduce il riciclaggio di Stato praticato da evasori, mafiosi, corrotti, truffatori. I soldi delle cricche che ritornano dall’estero puliti dal governo. Il Parlamento divenuto lavanderia internazionale del denaro sporco.
La legge che prevede la vendita all’asta dei beni confiscati alle mafie, consentendo ai mafiosi di ritornare – attraverso prestanomi – nella disponibilità di immobili che hanno un altissimo valore simbolico in termine di predominio del territorio. La legge sul processo breve che cestina migliaia di procedimenti penali nei confronti dei colletti bianchi. Un’immunità generale per il premier e le cricche che in lui vedono il salvatore dal maglio inesorabile della Giustizia. La legge sul legittimo impedimento, servente al presidente del Consiglio per allontanarsi, come un mariuolo, dalle aule dei tribunali in barba all’art. 3 della Costituzione che sancisce che TUTTI i cittadini sono uguali davanti alla legge. La legge sulle intercettazioni che impedisce ai magistrati di utilizzare un mezzo di ricerca della prova fondamentale nel contrasto al crimine. Un provvedimento che vieta, inoltre, ai mezzi di comunicazione di pubblicare e raccontare i fatti oggetto delle conversazioni.
Con questa legge non avremmo saputo nulla della cricca di Anemone & Co, di Berlusconi che tramava per censurare Annozero, della D’Addario, di Calciopoli, dei pedofili, di Marrazzo, dei furbetti del quartierino, delle cliniche degli orrori. Nulla di nulla. Un Paese normalizzato nell’ignoranza dei fatti. I corrotti e mafiosi sempre più in alto a scalare le istituzioni. La legge che toglie al pubblico ministero il potere di indagare di propria iniziativa, costringendolo ad essere vincolato alle informative d’iniziativa della polizia giudiziaria e, quindi, del governo. Si attua, in tal modo, la dipendenza del pm dal potere esecutivo. La legge che modifica la legge sui cosiddetti pentiti prevedendo che riscontri alle dichiarazioni di un collaboratore non potranno essere propalazioni di altri collaboratori. Non solo. Si stabilisce che se una sola parte, anche infinitesimale, delle dichiarazioni non viene riscontrata, cade tutto. Una probatio diabolica.
Con questa legge tutti i maxi-processi alle mafie non si sarebbero mai potuti celebrare. Addio inchieste sui rapporti tra mafia e politica, tra mafia ed economia, tra mafia e istituzioni. Del resto, tutto naturale, come diceva Benigni, nel film Johnny Stecchino, affermando che in Sicilia il problema è il traffico.

Luigi De Magistris
Fonte: http://antefatto.ilcannocchiale.it

Da il Fatto Quotidiano del 27 maggio

giovedì 27 maggio 2010

IO FARE MANOVRA, TU PAGARE MIGNOTTE

Malgrado i sacrifici, la manovra eccita il premier. La cronaca de Il Giornale racconta di un Cavaliere tutto eros alla cena con i parlamentari Pdl. Ha preso di mira Tremonti, che non “lo soddisfa perché è totalmente asessuato”. Ha spiritosamente spiegato all’ uditorio che “una escort è una mignotta che parla inglese”. Infine il gran finale con il link evasione-sesso a pagamento: “Abbiamo deciso la soglia per i pagamenti in contanti a 5 mila euro così possiamo pagare le mignotte”.
Si fa fatica a pensare che chi parla è il presidente del Consiglio, e non Massimo Boldi nel trailer del cinepanettone estivo.  Ma se lo scrive il Giornale di famiglia dobbiamo crederci.
In caso di improvvise foie, i dipendenti pubblici sono dunque avvisati. Spendano al massimo 4999 euro, altrimenti il sesso tocca saldarlo con assegni.
da: POLITICA-POP di Marco Bracconi post pubblicato il 27 maggio 2010
http://bracconi.blogautore.repubblica.it/

martedì 25 maggio 2010

Dati OCSE: in Italia salari bassi e peso delle tasse enorme

In Italia il salario medio netto annuale di un qualsiasi lavoratore è pari 22.027 dollari, molto più basso dei 26.359 dollari fatti registrare dalla media Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che raccoglie i 34 paesi più sviluppati a livello mondiale. In questa classifica il nostro Paese finisce miseramente, è proprio il caso di dirlo, solo al ventitreesimo posto. E la situazione diventa ancora più allarmante se il dato dell’Italia viene confrontato con quello dell’Europa a quindici, dove il salario annuale netto medio risulta pari a 28.454 dollari. Non bastava dunque la crisi economica che ha portato una carenza preoccupante di lavoro. Ora anche chi questo lavoro ce l’ha non dorme sonni tranquilli, visto che la retribuzione che ottiene è molto a di sotto delle medie internazionali. E se si vanno a guardare con più attenzione le statistiche dell’Ocse, si scopre anche che Paesi economicamente meno sviluppati dell’Italia riservano ai propri lavoratori stipendi migliori. Mi riferisco ad esempio a Grecia, Irlanda e Spagna, dove i salari medi netti sono rispettivamente pari a 25.583, 31.897 e 25.339 dollari. Per consolarci dobbiamo guardare alle nostre spalle e scoprire che tra i Paesi Ocse peggio di noi fanno solo Portogallo, Repubblica Ceca, Turchia, Polonia, Repubblica Slovacca, Ungheria e Messico. Sarà pure una consolazione, ma a ben vedere è davvero magra.

da: www.ditascanostra.it/2010/Allarme-italia-non-bastava-la-crisi-del-lavoro-ora-abbiamo-anche-stipendi-da-fame
Post pubblicato il 20 Maggio 2010

 Il peso di tasse e contributi sui salari, il cosiddetto cuneo fiscale che calcola la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente finisce in tasca al lavoratore, è in Italia al 46,5%. Lo rileva l'Ocse nel rapporto 'Taxing Wages 2009'. Nella classifica dei maggiori trenta Paesi, aggiornata al 2009, l'Italia è al sesto posto per peso fiscale sugli stipendi, dopo Belgio (55,2%), Ungheria (53,4%), Germania (50,9%), Francia (49,2%), Austria (47,9%). Il peso di tasse e contributi sui salari in Italia è rimasto stabile dal 2008 al 2009, registrando solo un lieve -0,03%. L'Italia occupa infatti nella classifica Ocse la stessa posizione, la sesta, rispetto all'anno precedente. In Italia, precisa ancora l'Ocse, hanno un impatto rilevante sulla differenza tra salario lordo e netto anche i cosiddetti 'pagamenti obbligatori non fiscalì, rappresentati dal tfr, che aumentano la pressione di un ulteriore 3%.

da: http://www.leggo.it  post pubblicato il 16 maggio 2010

lunedì 24 maggio 2010

La legge sulla privacy spiegata da Enrico Deaglio

"... Tra pochi giorni in parlamento metteranno in votazione il bavaglio. Non si ascolta la gente per bene per telefono, non si deve violare la privacy, anche se si tratta di un mafioso; che poi non si sa se è un mafioso o non per caso un’ottima persona (anzi, può darsi che sia le due cose insieme). Non si deve scrivere niente di processi in corso, se no galera e multe da portare al fallimento i giornali. Non si possono intercettare i politici. Si possono intercettare i preti solo col premesso scritto del vescovo. Se si sente qualcosa di sconveniente, bisogna distruggere subito tutto. La televisione non deve parlare di mafia, perché facciamo brutta figura all’estero. Gli scrittori sono invitati a occuparsi d’altro. Dice Berlusconi: per me Vittorio Mangano è un eroe, perché non ha parlato e i magistrati lo torturavano perché parlasse e mi mettesse nei guai. E va bene, sia lode all’eroe. Ma, sorge un dubbio: che cosa avrebbe dovuto dire, sotto tortura, il vecchio stalliere?
Un caso è molto citato dai sostenitori del bavaglio e della privacy: quello del finanziere Stefano Ricucci che al telefono diceva "ma che me frega, io stasera mi faccio Anna Falchi" e la cui esternazione telefonica venne pubblicata dai giornali. Terribile. Chissà che trauma. Ma non era scritto su tutti i rotocalchi che stavano insieme? "
Enrico Deaglio, La mafia e i cellulari, www.unita.it 24 maggio 2010

GELMINI: "SCUOLE CHIUSE SINO AL PRIMO OTTOBRE"

Si moltiplicano le reazioni alle dichiarazioni del ministro Mariastella Gelmini, che si è detta d'accordo con il disegno di legge del senatore Costa di posticipare l'inizio dell'anno scolastico al 30 settembre. Il caldo e il prolungamento della stagione turistica sarebbero alla base della proposta del parlamentare del Pdl, in merito alla quale il ministro Gelmini ha dichiarato: «Io sono molto aperta su questo punto. Posticipare l'apertura dell'anno scolastico potrebbe aiutare molte famiglie e dare anche un aiuto al settore turistico».

BURANI PROCACCINI: «IDEA POSITIVA» «È assolutamente positiva l'idea del Pdl: la scuola può iniziare ad ottobre, prevedendo un recupero parziale per i primi due mesi. Tutto questo potrebbe portare almeno un miliardo di euro in più alla nostra economia». Lo afferma Maria Burani Procaccini, già Presidente della Commissione Bicamerale Infanzia e membro del comitato media e minori del Ministero delle Comunicazioni.

NO DI LEGA E PD «La proposta del Pdl di tornare a scuola il 30 settembre e' inattuabile in quanto la direttiva europea prevede 200 giorni e va rispettata, perche' se togliamo i giorni di scuola del mese di settembre si rischia di non rispettare questo minimo. Inoltre, estendere questa proposta a tutto il territorio nazionale significa mettere in difficolta' le famiglie e i lavoratori dipendenti perche' questi alla fine di agosto, la maggior parte, iniziano il lavoro». Lo ha detto la senatrice della Lega Nord Irene Aderenti, bocciando la proposta del collega Costa. Dello stesso parere Mariapia Gravaglia, senatrice Pd, che ha dichiarato: «Delle due l'una: o l'on.Gelmini intende posticipare l'inizio delle lezioni a ottobre e farle finire a fine giugno, e allora siamo di fronte a un gioco a somma zero comunque dannoso, oppure, fiutata l'aria che tira, con Tremonti con la scure in mano, il ministro ha deciso di giocare d'anticipo e di risparmiare».

CGIL: «GELMINI VUOLE FAVORIRE SCUOLA PRIVATA» «La scuola pubblica continua ad essere terreno di scorribanda e propaganda politica da parte di questa maggioranza che rivela ogni giorno di più la sua volontà di affossarla, negando la sua centralità per la democrazia e la qualità dello sviluppo del paese». Lo afferma il segretario della Flc Cgil, Mimmo Pantaleo, che respinge «la estemporanea proposta di rinviare ad ottobre l'avvio dell'anno scolastico, perchè, mentre è del tutto misteriosa la sua origine, se approvata essa: accorcerebbe ulteriormente il tempo dell'apprendimento dei giovani, andandosi ad aggiungere alla pesante riduzione del tempo scuola, prevista dai regolamenti gelminiani. i vogliono colpire i diritti delle persone, in particolare dei più deboli - conclude Pantaleo - mentre si tende a favorire l'interesse delle scuole private, verso cui saranno sempre più spinti i genitori che vogliono una buona scuola per i propri figli».

PER I PRESIDI UN INUTILE RITORNO AL PASSATO Spostare la data di inizio dell'anno scolastico al 30 settembre «rappresenta un puro e semplice ritorno al passato, perchè comporta soltanto la riduzione del tempo scuola». È il giudizio di Giorgio Rembado, presidente dell'Associazione nazionale presidi, che ricorda come la «ratio dell'attuale sistema scolastico parta proprio dalla crescita del numero dei giorni di lezione. Per quanto riguarda le necessità climatiche, «è evidente - ha aggiunto - che noi viviamo in un paese in cui non c'è un clima uniforme, con differenze significative tra nord e sud. Ma questo dovrebbe stimolarci a non avere ulteriore vincoli, ma a dare maggiori autonomie alle regioni».

da www.leggonline.it 24/05/2010



Non c'è bisogno di commentare queste notizie, salta all'occhio la goffaggine con la quale gli esponenti del governo o della maggioranza tentano di giustificare una proposta a dire poco SCANDALOSA. Non compete a Gelmini promuovere iniziative a favore del turismo in Italia, esiste il ministro preposto, il suo ruolo è quello di promuovere la qualità dell’istruzione, cosa che non può, non vuole e non è in grado di fare. Argomentare che negli anni sessanta si faceva così è semplicemente ridicolo, non si può pensare di andare avanti togliendo continuamente invece di aggiungere, prima il maestro unico, il grembiule, la scuola a tempo pieno, poi il tetto per gli immigrati, la riforma tanto avversata da tutti, adesso la scusa del turismo, la circolare che prevede sanzioni per gli insegnanti che parlano male del governo… Ci prendono in giro in modo grossolano, quanti genitori avranno tempo libero e soldi per andare in vacanza a settembre, molto pochi temo…

Su  "L'Orizzonte degli eventi" http://ilblogdilameduck.blogspot.com  ho trovato un divertentissimo commento che vale veramente la pena di leggere:  Un bel "lodo sommaro" e via

EMERGENZA IMMIGRAZIONE? QUANDO SERVE

Improvvisamente, cala il sipario sugli immigrati. Non se ne parla quasi più, non sono più un problema. La lotta contro i clandestini è stata vinta, ripete trionfante da tutte le tribune il ministro dell’Interno Roberto Maroni. “Soprattutto si parla meno di criminalità e devianza legata agli immigrati. Un silenzio punteggiato da improvvisi scoppi di visibilità, come Rosarno o via Padova a Milano, con lo scontro tra sudamericani e nordafricani e l’egiziano rimasto sul campo”, spiega Maurizio Ambrosini, uno dei più acuti esperti di immigrazione, docente di Sociologia dei processi migratori all’Università di Milano e autore di saggi come Richiesti e respinti, appena uscito per Il Saggiatore.

Come si spiega l’altalena di eccessi e silenzi?

Le analisi dell’Osservatorio di Pavia ci dicono che l’Italia è il paese in cui si parla più di cronaca nera in tv, e molto spesso questa viene legata all’immigrazione. Soltanto da noi un tg delle 20 annuncia: “Violentata da uno straniero”. Ma questa pressione mediatica è calata dopo il 2008, risalita prima delle elezioni regionali del 2010 e discesa nuovamente adesso. Oggi il governo e le tv ad esso legate conducono l’operazione opposta: convincere tutti che il paese è diventato sicuro.

Ed è vero, che è più sicuro?

Il ministero dell’Interno ha fatto sapere che negli ultimi due anni i reati si sono ridotti dell’11%. Ma non dice che la diminuzione è in corso da diversi anni. La devianza degli immigrati, poi, è proporzionalmente diminuita per due semplici ragioni: sono diminuiti gli irregolari perché la Romania è entrata nell’Unione europea e per la sanatoria di 300 mila persone (formalmente colf e badanti) del settembre 2009. Chi ha il permesso di soggiorno entra in una condizione meno marginale ed è meno esposto al rischio di devianza.

Ma davvero i cosiddetti clandestini sono spariti?

 Assolutamente no. Si sono semplicemente ridotti, rispetto al decreto flussi del 2008, quando potevano essere stimati in 750 mila. Oggi, secondo i calcoli del professor Giancarlo Blangiardo dell’Ismu sono poco sopra i 500 mila.

Merito della politica dei respingimenti in mare? 

Macché! Prendiamo l’anno di picco degli sbarchi, il 2008, con 36 mila. Bene, questi non costituivano che il 10-12 per cento degli arrivi irregolari nel nostro paese. Averli ridotti del 90 per cento nel 2009, significa dunque poco.

E da dove e come giungono, allora, i migranti?

In autobus dall’Europa, in aereo dal Sudamerica e dalla stessa Africa. Ma non sono irregolari in partenza, perché la grande maggioranza entra con visto turistico e diventa irregolare dopo. Oltre il 60% degli attuali regolari ha seguito questo percorso, ma non lo si vuole rivelare.

Merito di un giro di vite sulle espulsioni?

Anche in questo caso il governo vende fumo. Di espulsioni se ne fanno assai poche. Nel 2008 sono state appena 18 mila, ovvero il 3% dei clandestini stimati allora. Quanto ai Centri di espulsione, hanno 1.160 posti, quindi la decisione di allungare da due a sei mesi la custodia si rivela propagandistica. Vengono trattenuti nei Cie solo in pochi e nel 2008 solo il 41% di loro è stato espulso. Frattini favoleggiava di voli congiunti con altri Stati per riportare i “clandestini” in patria: ne è stato organizzato solo uno, verso la Nigeria.

Possiamo convivere con oltre 500 mila irregolari? 

Di fatto lo stiamo facendo, ma non è una politica lungimirante. L’aumento della legalità richiede altre politiche. L’Italia in 22 anni ha fatto sei sanatorie. Berlusconi è il più grande regolarizzatore d’Europa: ha battuto Zapatero, sanando 1 milione di clandestini. Ventidue Stati dell’Ue su 27 hanno varato sanatorie negli ultimi dieci anni, regolarizzando da 5 a 6 milioni di immigrati. Non basta insomma sanare colf e badanti... Capita che, nella stessa famiglia, lei colf può restare in Italia, e il marito operaio edile rischia di essere sbattuto fuori.

Quali altre misure raccomanda?

Agevolare i ricongiungimenti familiari, come si fa in tutta Europa: sono arrivi regolari che creano stabilità psicologica. Il governo, invece, alza l’asticella del reddito e dei requisiti di alloggio. Crea stabilità anche la possibilità di professare la propria religione. Ecco perché negli Usa costruiscono tanti luoghi di culto.

Ma con la crisi, gli immigrati non lasceranno il paese? 

La Spagna ha tentato di incoraggiare i rientri, ma senza successo. Nessuno dopo aver investito tutta la sua esistenza, torna in patria con un fallimento.

C. Giustiniani da IL FATTO Quotidiano
domenica 23 maggio 2010
http://cittadini-attivi.blogspot.com

domenica 23 maggio 2010

la legge sulle intecettazioni telefoniche vista dall'America

Da Repubblica di venerdì 21 maggio:
Anche il governo americano si schiera contro la legge sulle intercettazioni, con una presa di posizione che ha pochi precedenti. Per l'Amministrazione Obama le intercettazioni telefoniche sono uno "strumento essenziale delle indagini" che non va indebolito. "Non vogliamo che succeda niente che impedisca ai magistrati italiani di continuare a fare l'ottimo lavoro fatto finora", ha affermato il sottosegretario del Dipartimento Penale Usa con delega per la lotta alla criminalità organizzata, Lanny Breuer, commentando il disegno di legge in discussione al Senato. Nel corso di un incontro con la stampa all'ambasciata americana a Roma, Bleuer ha ricordato l'"ottimo livello di cooperazione" con la giustizia italiana. "Sono cosciente del fatto che contro la criminalità possiamo e dobbiamo fare di piu'".

da l'Unita.it - sabato, maggio 22, 2010
Lo “schiaffone” è di quelli che bruciano. Destinati a lasciare il segno. Per l'autorevolezza di chi lo ha inferto, per il momento in cui avviene: alla vigilia della visita ufficiale alla Casa Bianca del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e nel vivo delle commemorazioni per Giovanni Falcone. L'America contro il Cavaliere del Bavaglio. Un versus dirompente. Anche il governo Usa si schiera contro la legge sulle intercettazioni, con una presa di posizione che ha pochi precedenti...

da Gazzetta del Sud on line di domenica 23 maggio 2010:
 "E' tangibile il rischio dell'espatrio delle notizie dall'Italia su giornali e tv straniere. Cosa accadrebbe se ciò che dovesse essere vietato al Corriere della sera, a Repubblica o ai telegiornali Rai e Mediaset dovesse trovare ampia ospitalità su Le Monde, sul Times o sui grandi media internazionali a cominciare dal network di Mr. Murdoch? Che faremo dinanzi al fenomeno inedito dell'espatrio della notizia? Grideremo al complotto?". Lo scrive Carmelo Briguglio, vice Presidente dei Deputati del Pdl, su 'Generazione Italia'. "Secondo noi - continua Briguglio - va evitato un altro grave errore politico che si chiama voto di fiducia. Lo diciamo con chiarezza e per tempo. Si conceda al Parlamento, all'opposizione ma anche alla maggioranza, alle categorie interessate, ai cittadini tutto il tempo necessario per discutere e trovare mediazioni sul testo. Non è una settimana di dibattito in più che può vanificare l'esito finale".
Briguglio aggiunge una "terza istantanea considerazione. Siamo particolarmente esposti come Paese a particolari attenzioni da parte dell'alleato americano. Putin, Gheddafi e dintorni. Certe nostre relazioni non incontrano il massimo gradimento. La voce critica verso la nuova normativa di un esponente del governo americano in visita in Italia costituisca motivo di seria riflessione". "La legge sulle intercettazioni ha bisogno di altri correttivi. Basta un granello di buon senso. Il Pdl deve adoperarlo", conclude Briguglio.


"...Notizie vietate ai giornali?" In un Paese libero, orgogliosamente occidentale non possono esistere notizie vietate, questo non si può chiamare un "grave errore politico", questo è un passo verso la dittatura... ma svegliarsi è difficile...

mercoledì 19 maggio 2010

Santanché e la privacy dei mafiosi

Lunedì mattina, nel corso della trasmissione Mattino Cinque, di cui Daniela Santanché era ospite, si discuteva sul disegno di legge Alfano sulle intercettazioni. Nel suo intervento il sottosegretario per l'Attuazione del programma di governo tra le altre cose ha detto che "...non ha alcun senso spiare un mafioso mentre parla al telefono con sua madre, è un abuso!" e poi per dare conferma di quello che aveva ribadito prima ha insisitto dicendo che "la divulgazione di intercettazioni che riguardano la sfera intima e privata della persona, e non i reati per i quali l'intercettazione è stata disposta, rappresenta un'inaccettabile violazione della privacy e dei diritti delle persone".
Questa preoccupazione per la privacy dei mafiosi, da una persona che si è distinta per il suo giustizialismo nudo e crudo fa un po' pensare. Non bisogna essere scienziati per sapere che i mafiosi usano i colloqui con i familiari per trasmettere ordini al mondo esterno, basta aver visto qualsiasi film o telefilm che parla di mafia. Inconsapevolmente, ho paura, la Santanché si è "tradita", facendoci capire quale può essere nelle intenzioni lo scopo della legge Alfano: evitare che attraverso il monitoraggio delle conversazioni dei mafiosi vengano fuori scomode verità che riguardano politici collusi.

sabato 15 maggio 2010

La crisi greca fuori dagli schemi


La pesante crisi economica greca preoccupa tutti, da mesi ormai leggiamo sui giornali e sentiamo in tv analisi, dibattiti, tutti gli esperti - e presunti tali - spiegano, approfondiscono, senza mai analizzare in fondo, parlare chiaro, menzionare le cause di questa crisi. Da decenni ormai, ogni volta che sento parlare o leggo qualcosa sulla Grecia, vedo ripetersi puntualmente il rito folkloristico di un'immagine stereotipata, quella del Partenone, del sirtaki, del formaggio feta e delle isole Cicladi. Della realtà economico-sociale della Grecia si ha un'idea approssimativa, la si immagina come una copia del mezzogiorno italiano. Una cosa è certa: le scelte scellerate dei governi precedenti, sia di centro-destra che di centro-sinistra hanno ingigantito un problema che c'era già negli anni '80: un debito pubblico insostenibile, un deficit di spesa astronomico senza realistiche possibilità di risanamento. Ma la partita che si sta giocando non è solo questa: in realtà si sta facendo un esperimento di applicazione autoritaria di selvagge politiche neolineriste e una volta visti i risultati, si cercherà di esportare con le buone o con le cattive anche agli altri Paesi deboli dell'area euro (i cosiddetti PIGS) o europei in generale. La Grecia era l'anello più fragile della catena dal punto di vista economico, e con una realtà sociale molto articolata e difficile da gestire. La crisi greca non è nata -solo- per i motivi che ci vengono sbandierati in tutte le salse ogni giorno: il parametro del debito pubblico in rapporto al PIL è importante ma non è sufficiente per portare alla catastrofe: per il Giappone il rapporto Deb. Pubbl /PIL è del 180%, per il Canada del 100%, per la stessa Italia sfiora il 120%. La Grecia però, a differenza di questi paesi ha un'economia quasi parassitaria, il settore industriale è quasi inesistente, quasi il 20% della popolazione attiva lavora nel settore pubblico, 800.000 persone su una popolazione di 11 milioni pagano l'80% del gettito fiscale, esiste un reale problema di corruzione diffusa. Il livello dei salari è leggermente più alto rispetto all'Italia (vedi i dati OCSE che sono usciti in questi giorni) e per di più il sindacato -soprattutto quello del pubblico impiego- è molto forte, la sinistra radicale è presente in parlamento e nel paese, e poi c'è ancora un partito comunista che non ha cambiato nome e prende l'8% alle elezioni, esiste una miriade di movimenti, movimentini, gruppi "vivaci" o al limite della legalità, che da anni non perdono l'occasione di manifestare, fronteggiare le forze dell'ordine, occupare, fare cortei spontanei, bloccare il traffico, e in situazioni di emergenza bruciare macchine, negozi di lusso, banche, supermercati. Secondo il mio modesto parere le misure di contenimento del deficit (sangue e lacrime) adottate dal governo -socialista- greco non avranno i risultati sperati, le fasce meno garantite della popolazione sopporteranno l'intero peso dell'operazione, non ci sarà nessun risanamento, nessuna lotta all'evasione, con le privatizzazioni delle granzi aziende pubbliche aumenterà invece di diminuire la corruzione, buona parte delle piccole e medie imprese chiuderà, la disoccupazione aumenterà a livelli America anni '30, i privilegiati e i furbi continueranno a fare il bello e il cattivo tempo in un paese impoverito, in ginocchio e in crisi perenne.

Su internet ho trovato un articolo di impressionante lucidità che parla dell'argomento e non posso fare a meno di riportarlo qui:


Da: www.dirittiglobali.it - NEWS (Europa / Lavoro, Economia & Finanza nel mondo)
14 - 05 - 2010
Fonte: il manifesto


Eurogolpe, ovvero l'ideologia greca
di Tommaso Di Francesco


Per qualcuno l'autoritarismo era già implicito nella costruzione europea e nel vincolo del patto di stabilità, altri sosterranno che la scelta è oggettiva, visto il livello della crisi, evidente dalla furbizia e dal crack di Atene. Non è così. Con la decisione del 12 maggio, seguita alla maratona notturna di Ecofin e Bce che ha stabilito un fondo prestiti straordinario di 750 miliardi di euro insieme al Fmi per sostenere le crisi finanziarie dell'Eurozona, la Commissione Ue ha avviato una svolta autoritaria, un vero e proprio eurogolpe. Prendendo la palla al balzo. Perché, approfittando della crisi greca, fa di questa materialità una ideologia (falsa coscienza) che rischia di spostare ancora più a destra, se possibile, l'asse politico dei paesi europei.
Già il patto di stabilità era un vincolo di bilancio che non poteva essere sforato per la "correttezza dei conti", essendo il debito l'oggettività primaria di una Europa senza istituzioni politiche ma con la sola entità monetaria dell'euro. Non altre priorità, come l'occupazione, la formazione, le innovazioni tecnologiche e ambientali. Questo è l'Europa, solo una moneta. Che ora diventa governo, anzi direttorio di brocker. Va da sé che la centralità è la presunta oggettività dei bilanci, come se ad essi non presiedessero scelte politiche, indirizzi di spesa, individuazione di priorità sociali e strategiche ad esaltazione o a deprimento di altre. Come se nei bilanci non si individuasse la ragione politica delle scelte di classe di un governo e di quelle democratiche dei parlamenti. Il patto di stabilità era, fin qui, un'ombra che già aveva contaminato l'intera vicenda dei beni comuni, con l'obbligo delle privatizzazioni ovunque, la cancellazione di ogni ipotesi di nazionalizzazione o di controllo sociale dei beni. Eravamo finora al solo indirizzo, pericoloso, che ha di fatto modificato i comportamenti delle leadership politiche di destra e di sinistra che si sono avvicendate alla guida dei paesi europei.
Ora con la svolta di Bruxelles presentata da un Barroso sempre sornione e inutilmente sorridente, siamo al diktat attraverso la definizione di strutture istituzionali e modalità che azzerano le aspettative di allargamento della sovranità popolare in Europa intesa come segno più alto e democratico per una cessione di sovranità nazionale. La Commissione europea ha infatti deciso: di controllare preventivamente i conti pubblici degli stati, di valutare e giudicare le varie finanziarie prima dei parlamenti, di estendere al debito pubblico verifiche finora concentrate sul rispetto del 3% nel rapporto deficit/pil; inoltre vara strumenti di cauzione e penalty e in più un semestre di "sessione" speciale, quasi un presidio dedicato a queste priorità. Qualcuno ci leggerà la nascita finalmente dell'Europa. Eppure è evidente che questa novità se sottolinea una dura e forte intenzione politica, la mette subito al servizio del dominio dell'attuale sistema finanziario che tiene nelle mani il mondo e determina le sue diseguaglianze, e che è stato fin qui responsabile sia della crisi americana che di quella greca ed europea. Verso il quale nessuno intende proporre - figuriamoci - alcun controllo o penalty secondo interessi.
Ne derivano alcuni stravolgimenti dell'agenda politica. Mentre già tutti corrono ad adeguarsi, come fa Zapatero che, vale la pena ricordarlo, così facendo costruisce probabilmente la sua uscita di scena del resto anticipata dal disastro sociale della disoccupazione spagnola arrivata alla soglia del 20%. E mentre il ritorno dei tories al potere in Gran Bretagna nell'inedita coalizione con i lib-dem, avviene sotto il segno smaccato dell'antieuropeismo e della rivendicazione anti-euro, per stare ancora di più fuori dai meccanismi e dai costi dell'Unione. Già. Perché la centralità del cosiddetto debito pubblico, vuole ideologicamente azzerare la differenza sostanziale tra debito sociale (quello che lo stato deve ai suoi cittadini, stipendi del pubblico impiego, pensioni, servizi, protezione sociale, welfare ecc. ecc.) e il debito finanziario, quello che prende la forma dei titoli emessi dallo stato e che va sul "libero" mercato. Solo quest'ultimo naturalmente può essere rimesso, cioè rimborsato prioritariamente, salvaguardato, sostenuto e diventare mercanteggiamento tra prestiti vantaggiosi per chi li fa e paesi "Pigs" così indebitati e per questo impoveriti come la Grecia. L'altro naturalmente non ha protezione, non viene difeso. Parole giuste come "interventismo publico" e "cessione di sovranità nazionale" acquistano così, con le brutali decisioni di Bruxelles, non il senso di un allargamento dell'Unione europea politica e della sua democrazia, come avrebbe dovuto essere, ma una svolta autoritaria e unilaterale in difesa del rigore di bilancio a salvaguardia degli interessi del mercato, in primis finanziario.
Chi ci guadagna? Al di là delle banche, già responsabili delle crisi in corso, si produce un'ulteriore dinamica politica che chiameremmo l'ideologia greca. Con esaltazione di un nuovo "centro politico" per l'occasione rinnovato - vedi le manovre oltre-Berlusconi in Italia - e se necessario, anche populista e anticorruzione, da casa Scajola a CasaPound per intenderci. Perché bisognerà pure cavalcare insieme l'autoritarismo necessario al "rigore del debito" e la drammatica divisione sociale che esso produce. Né è da escludere che, formalmente ma significativamente, anche nel cuore d'Europa, in Germania - sforatrice anch'essa del patto di stabilità - il parlamento protesterà, a sinistra ma soprattutto a destra, contro questa rivendicazione centralistica di Bruxelles che pure va nell'interesse di Berlino. E addirittura in Italia, alle prese con il "federalismo fiscale" dei privilegi.
E a sinistra? Non basta davvero appellarsi ad Obama: è il miglior presidente per gli Stati uniti, ma la sua America ci guarda interessata, per scaricare costi della sua crisi e per vigilare che le soluzioni qui non contraddicano l'ipersostegno alla finanza privata approntato già negli Usa. E pensare che l'allargamento forzato a 27 dell'Ue ha avuto origini e radici nella necessità strategica americana, attraverso l'Alleanza atlantica, di includere-annettere come satelliti della Germania i paesi dell'est-Europa.
A questo punto, in quanto a protesta sociale e dei lavoratori, non basteranno più i tetti su cui salire, né la rabbia greca, né una prospettiva solo sindacale, se non si affronta il nodo di una alternativa sulla ripartizione equa del lavoro alienato e sulla nuova natura sociale (di cittadinanza?) del salario. Visto che già si avventano come cani rabbiosi sullo "spreco" della cassa integrazione e già perfino la Ggil si prepara ad una buona accoglienza dei tagli imposti dalla Commissione Ue.
Comunque, il fatto è che "la sinistra che abbiamo conosciuto" non solo non c'è più in Italia - come scriveva Luigi Pintor - ma tantomeno in Europa. E invece questa potrebbe essere l'occasione per sparigliare il gioco sporco, invertire il senso comune della crisi e raccontarla diversamente. E diversamente ricostruire un agire dal basso.