giovedì 25 febbraio 2010

Pensieri assolutamente condivisibili

 Leggo sul blog eretici:

Lettera di Stefano a De Magistris

Ho seguito il dibattito da Santoro…


Purtroppo è peggio di quanto fin qui intuito:

la cultura dei soldi ha preso il sopravvento sulla cultura del lavoro: Berlusconi rappresenta esattamente il modello che la maggioranza degli italiani aspira ad essere o (magari in piccolo) è. La sua cialtroneria risponde allo stile di vita di chi, dai videopoker ai quiz televisivi, dall’abuso edilizio alla panchina spaccata a calci, non ha etica professionale, sociale e, meno che mai, l’onestà e il rispetto degli altri come valori fondamentali della vita.

La rinuncia alle ideologie ed a valori storici della sinistra, conseguente e scatenante l’invasione di soggetti spregiudicati e collusi con le mafie, ma bravi portatori di voti di scambio, rende necessario, per chi vuole fare politica onestamente, l’abbandono (finalmente) dei partiti “storici” al loro destino.

I leaders politici vengono consacrati dalla tv… la scelta è funzionale al potere: Berlusconi è attivo e passivo. È una logica ereditata dagli USA, ma da noi aggravata dalla mancanza di coscienza del diritto dei cittadini che in America è, invece, ben radicata e pone paletti insormontabili, anche per i Presidenti. Mediaticamente le regole (e soprattutto la dinamica) sono simili a quelle del poker: chi sa bleffare e chi ha più soldi vince. Polli eccellenti?..: Bertinotti vale per tutti.

Berlusconi compra tutto. Quello che non riesce a comprare viene svuotato di valori, ridicolizzato o “virtualizzato”: l’amore, l’amicizia, l’onestà, ecc. diventano argomenti esaltanti solo nelle fiction, nei salotti televisivi, ma sempre al pari dei loro contrari. Interesse personale , spregiudicatezza negli affari e nelle relazioni, spirito da puttaniere, furbizia e soldi risultano alla fine vincenti e si beffano di etica, giustizia e educazione civica. Strategie di marketing e persuasioni occulte applicate alla cultura, ai significati ed alla politica: scandalose foto in una quotidiana parata di culi; drogati di serie A, B e C sputtanati o perdonati; giudici, imputati, vittime e assassini, tutti nello stesso calderone, negli stessi partiti. E la gente compra e vota per vincere facendo vincere qualcuno, o meglio, puntando sul vincente. Cosa si vince?... la vittoria. L’alternativa è essere “perdenti”. Anni fa questo termine non esisteva.

In questo clima tutto diventa giustificabile. Il furto o l’appropriazione indebita, il millantatore e il porco. La ventata di omissioni che per anni hanno coperto mazzette, tangenti e assunzioni pilotate è ben più colpevole dei colpevoli. Un sistema dove, come a poker, se vuoi realizzare i tuoi sogni, devi accettare regole e giocatori. Conosco tante persone per bene costrette ad accettare queste regole per poter accedere a un finanziamento, ad un posto di lavoro, al riconoscimento di un’invalidità, ecc.

… E non devi sputare nel piatto dove mangi.

Ho vissuto in prima persona, in tante occasioni, il mortificante avvilimento di valori così solidi nella mia famiglia e così ridicoli e inutili nei rapporti con gli enti pubblici.


Che fare?


Individuare forme di movimento che rimettano al centro delle rivendicazioni

il rispetto per l’altro

Il riconoscimento delle capacità produttive e creative a prescindere dal loro valore di mercato

Il diritto alla dignità, cioè ad un lavoro, ad una casa, alla salute ed all’istruzione.


Immagino un comitato civico nazionale contro il degrado dei valori. Una struttura con possibilità di controllo e denuncia, con possibilità di costituzione in giudizio e di rappresentatività sul territorio.

Un manifesto costitutivo che delinei finalità di partecipazione e controllo sulla gestione della pubblica amministrazione da parte di cittadini “per bene”.


Berlusconi dice che la magistratura ce l’ha con lui. In effetti, sembra quasi che i magistrati agiscano in nome proprio. L’unico modo per riaffermare il senso (ovviamente penso che la magistratura non l’abbia mai perso) dell’azione legale nei confronti di chi ci governa (e penso a maggioranza e opposizione) è quello di svincolare i soggetti dall’insieme istituzionale con denunce precise, da parte di cittadini liberi, di chi amministra nel malaffare.

Ecco… anche sulla crisi, il controllo dei cittadini liberi sui bilanci societari, sui finanziamenti e le agevolazioni, sulle violazioni del diritto al lavoro e sull’ecosostenibilità delle produzioni.

E, ancora, sul territorio, perseguendo quelli che dovevano badare che quella panchina non fosse presa a calci o che le ville a Ischia non fossero costruite.

I valori della vita: riportare senno negli atteggiamenti sociali, nei consumi, sia in senso di qualità che di salute, nell’educazione civica.

La dignità e il senso di umanità è in ognuno di noi. Tutto sta a svegliare da questo torpore gli italiani. Credo che esista una via di ricongiunzione di persone “per bene” e libere (dalle guerra per le poltrone e da interessi personali) per queste finalità. Ed è una linea trasversale alla società ed ai partiti.

Riuscire ad immaginare un mondo diverso è l’unica possibilità di vincere il male.

È possibile parlarne senza pregiudizi? È possibile essere finalmente veri nella politica? Esistono persone disponibili a fare “il partito” e basta? Credo di sì.

Io sono disponibile. Ciao.


Napoli, 5 febbraio 2010

domenica 21 febbraio 2010

Come rendere maggiormente visibile il vostro blog

Sul blog natulalisticamente ho trovato questo curioso post:
" Come rendere maggiormente visibile il vostro blog
Come? Tu sei arrivato qui cercando questa frase, quindi inserendo questa frase nel tuo blog automaticamente tutti quelli che cercheranno maggiore visibilità verranno a trovarti...
Questo si dice in giro, chissà se funziona...
Lasciate i vostri improperi nei miei confronti voi che siete arrivati sin qua cercando di aumentare la visibilità del vostro blog... (o i vostri ringraziamenti se il trucchetto ha funzionato).
Rendi il tuo blog più visibile, ricercabile, trovabile, leggibile...."

domenica 14 febbraio 2010

Erikoussa a Manhattan: emigrati a New York negli anni ‘50


Su http://gazikapllani.blogspot.com/ ho trovato questo pezzo che ho tradotto alla meglio e riporto qui. Non è certo un’opera letteraria, ma mi sembra una significativa testimonianza dalla quale si possono trarre molti spunti per riflettere…

“…
Dr Spyros Orfanos, psicoanalista e ricercatore, direttore dell’University Psychoanalytic Clinic dell'Università di New York, nel suo "Diario delle frontiere” racconta i suoi viaggi esistenziali e quelli dei suoi genitori ...

"Sono nato nel 1951 a New York. In un posto chiamato French Hospital, che non esiste più. Allora gli ospedali erano confessionali, principalmente ebraici o cattolici... "
Gli immigrati avevano timore di andare negli ospedali 'normali', perché controllati dalla gente del posto, i bianchi protestanti anglosassoni. Quindi i vari gruppi etnici avevano creato i propri ospedali e le loro scuole. Sono cresciuto a Manhattan, in un condominio popolare, destinato a gente povera. Eravamo al quinto piano, accanto a noi c’era una famiglia serba e una di Puerto Rico. Il gabinetto era fuori dall'appartamento. Sono cresciuto in un quartiere povero, proletario. C’era molta gente che veniva dai balcani, il quartiere era chiamato “la città greca”, all’ottava Avenue tra la 23ma e la 34ma strada. C'erano drogherie greche, bar notturni e una grande chiesa ortodossa, Aghios Eleftherios.

Mio padre è arrivato in America illegalmente. È scappato dalla nave dove lavorava come operaio a Baltimora nel 1948. Molti dei miei parenti erano venuti in America nello stesso modo. Mi ricordo ancora i poliziotti dell’Ufficio Immigrazione (i “preti” come li chiamavano i greci) che li venivano a cercare. Li prendevano, li mettevano in prigione e in seguito venivano espulsi dal Paese. Era terribile. Alcuni tornavano. Mio zio, lo zio Giannis, è stato preso ed espulso cinque volte. Alla sesta volta ce l’ha fatta. Di solito gli espulsi oppure chi voleva entrare illegalmente negli Stati Uniti andava a lavorare come operaio o mozzo nella marina mercantile (era semplice allora). Dopo mesi oppure anche anni di viaggio, prima o poi la loro nave attraccava ad un porto statunitense, New York o New Orleans. Coglievano quindi l’occasione, di solito durante la notte, scappavano dalla nave ed entravano in America...

Mio padre non parlava mai di questa sua esperienza, dovevo chiederglielo io. Parlava però con i suoi amici. Dalle conversazioni dei grandi mi rimane la sensazione di paura verso i poliziotti dell’Ufficio immigrazione. Solo quando sono diventati cittadini americani questa paura si è affievolita. Mi ricordo ancora che i miei genitori e i miei parenti si sentivano ansiosi e terrorizzati di fronte ai funzionari pubblici, ai timbri, alle pratiche e le procedure per ottenere certificati. C’era sempre il timore che qualcosa potesse andare storto. Qualche volta, adesso, con amici e conoscenti che vivono in America come immigrati faccio la battuta: "Mi faccia vedere i documenti!", mi fermo però subito. Perché mi ricordo che per la mia famiglia questa era la paura più grande. Che qualcuno li potesse fermare per strada e chiedere: 'Posso vedere i vostri documenti? ". A quel tempo i greci non erano benvenuti. Le porte per gli immigrati che venivano dai Paesi Mediterranei erano chiuse ermeticamente. A meno che uno non venisse dai Paesi del Nord Europa. La xenofobia e il razzismo imperavano, era in vigore la politica del contingentamento (per ogni Paesi veniva stabilita una quota massima di immigrati, nota mia). Le porte si aprirono di nuovo nel 1964. Ci sono state due grandi ondate di immigrati greci in America. La prima dal 1890 fino al 1924 e la seconda negli anni ‘60 fino ai primi anni '70. Mio padre è venuto tra queste due ondate, quando la maggior parte dei greci entrava in America illegalmente.

Mio padre e mia madre sono nati e cresciuti in una piccola isola di Corfù, la Erikousa, dove l'Adriatico incontra il Mar Ionio. Erano già sposati, quando mio padre è venuto in America. Mia madre è venuta qui per rimanere incinta e poi tornare all'isola ma non è più tornata. Mio nonno, il padre di mia madre, era venuto molti anni prima in America ed aveva ottenuto l cittadinanza americana. Aveva un piccolo ristorante a Manhattan, "Pure Food» si chiamava. Oggi lo vedo dalla finestra del mio ufficio presso la clinica dell’Università di New York dove sono direttore. I miei genitori non parlavano l’inglese, forse perché non volevano essere assimilati. Hanno vissuto con il sogno di tornare in patria.


Fino all’ età di sette anni non parlavo inglese. I miei mi hanno mandato alla scuola greca. Mi ricordo la mia insegnante, la signora Filippa. Era una narratrice incredibile. Quando sono andato alla scuola americana, gli insegnanti pensavano di avere a che fare con un ritardato mentale, perché non parlavo inglese. Poi qualcuno ha detto: "Ma se è così bravo in aritmetica, non può essere ritardato”. Amavo la scuola. Mio padre aveva fatto solo le elementari. Ma mi ha insegnato la tavola pitagorica. È stata la prima volta che mi sono sentito vicino a lui. Mio padre lavorava per tutto il giorno senza riposo. Faceva il fornaio. L’ho visto andare in vacanza per la prima volta nel 1959. Siamo partiti insieme e siamo andati in Grecia, a Erikousa. Ci sono voluti sette giorni di viaggio con "Queen Frederica". Erano undici anni che non vedeva sua madre. Ereikoussa allora non si poteva trovare sulle mappe, solo su quelle militari. Gli isolani che emigravano vivevano sempre con l’ansia di non poter mai più tornare indietro. Pur non essendo mai stato lì, conoscevo tutto sull’isola. Posso dire che per me Manhattan era un prolungamento di Erikoussa. Mia madre mi parlava continuamente della sua isola, quanto era bella e meravigliosa. Mi parlava in particolare del periodo dell’occupazione tedesca e del terrore che incutevano i nazisti. Gli isolani hanno perso la loro innocenza allora. Prima erano pescatori e marinai. Con l'occupazione tedesca, il volto terribile del mondo esterno ha invaso la loro casa. Quando hanno occupato l’isola gli italiani, non si erano spaventati, forse perché la maggior parte di loro parlava italiano. La famiglia di mia madre ed altre famiglie hanno nascosto degli ebrei che venivano da Corfù, dove che i tedeschi li perseguitavano con ferocia. Anni più tardi, a Manhattan, abbiamo ricevuto una telefonata, una signora chiedeva di con i miei genitori. Non so in che modo avesse trovato il numero di telefono dei miei. Era una delle figlie di una famiglia di ebrei che si era nascosta nell’isola. Il suo nome era Sarah e viveva in California. Mi ricordo ancora l'emozione e la gioia dei miei genitori, mentre parlavano con lei …”

Dall'Albania solo belle ragazze


Leggo sui giornali di ieri l’altro e riassumo:

“… ROMA – 12/02/2010 A Roma si è firmato quest’oggi l'accordo di partenariato strategico tra Italia e Albania. Il premier italiano, Silvio Berlusconi, ha ricevuto a Palazzo Chigi il primo ministro albanese, Sali Ram Berisha. ‘L'Italia è molto interessata alla possibilità di progetti di centrali nucleari in Albania’, ha annunciato il premier. ‘L'Albania - ha spiegato Berlusconi - ha un programma ambizioso per diventare un centro di produzione di energia. Berisha - ha riferito il premier - mi ha illustrato tutta una serie di progetti che riguardano sia le energie tradizionali, sia la rigassificazione di gas liquido, le centrali termoelettriche e la possibilità anche di centrali nucleari. L'Italia è molto interessata. Tutto questo - ha concluso - rende molto interessante questa collaborazione, e credo che ci sarà molto da fare in questa direzione’.
Il premier albanese dopo aver espresso ‘profonda gratitudine, per l'opera della Protezione civile italiana in occasione delle recenti alluvioni che hanno colpito il Paese’ ha affermato: ‘Non vogliamo più morti albanesi nel canale di Otranto o flussi criminali verso l'Italia’. Parole a cui ha fatto eco Berlusconi, stemperando i toni con una battuta sullo stop agli sbarchi: ‘Faremo un'eccezione per chi porta belle ragazze’. Parole ironiche, poco pesate da Berisha, ma che hanno scatenato la polemica dell’opposizione sullo ‘spirito da caserma’ del Cavaliere. …”
Non so come è stata presentata questa faccenda in tv, i telegiornali trovano spesso il modo di smussare gli angoli, attenuando oppure ignorando i particolari che possono risultare imbarazzanti per il governo. Non posso dunque che dare ragione a Paolo Brutti dell’Idv quando dice che Berlusconi e Berisha «hanno deciso di riconsegnare l'Albania all'Italia, come avvenne alla fine del Ventennio. La bella idea è quella di fare dell'Albania la pattumiera dell'Italia, dove si può fare liberamente ciò che in Italia non si può fare: impiantare i pericolosissimi rigassificatori, costruire centrali nucleari e magari scaricarci anche le scorie radioattive di Palermo».
Non mi è piaciuta per niente la battuta sulle “belle ragazze albanesi”. Si sa molto bene chi porta le belle ragazze albanesi in Italia e a quale scopo. Si può scherzare su questi argomenti, essere così offensivi in un’occasione così formale? Non credo proprio, ma ormai siamo abituati a spiritosaggini di cattivo gusto da parte del nostro primo ministro. In un altro Paese sarebbe successo il finimondo, qui da noi la cosa passa quasi inosservata… che tristezza…