“CI
DOVETE 162 MILIARDI DI EURO”
di Salvatore Cannavò
il Fato Quotidiano 10 febbraio 2015
La richiesta
di risarcimento per i danni di guerra, fatta da Alexis Tsipras alla
Germania, può sembrare una battuta. Ma questa battuta è presente
nel programma di Syriza fin dalla sua elaborazione a Salonicco nel
settembre scorso. E vale circa 160 miliardi. Non è uno scherzo,
insomma, se è vero che ieri il vice-cancelliere tedesco, il
socialdemocratico Sigmar Gabriel, ha voluto rispondere con nettezza
alle pretese greche: non se ne parla nemmeno.
La storia è
vecchia quanto la Seconda guerra mondiale. La Grecia fu invasa dalla
Germania nazista, che oltre alle morti e ai saccheggi, si fece
“prestare” 3,5 miliardi di dollari dell’epoca che non sono mai
stati rimborsati. Alla Conferenza di Parigi del 1946 fu inoltre
previsto un indennizzo nei confronti di Atene di 7 miliardi di
dollari. Entrambe le somme non sono mai state pagate dai governi
tedeschi. Attualizzando queste cifre si arriva alla cifra di 162
miliardi di euro indicata da Syriza. Senza contare gli interessi.
Secondo uno
studio del Comitato per l’annullamento del debito (Cadtm) se si
calcolasse un interesse annuo del 3% si arriverebbe alla cifra enorme
di mille miliardi di euro. Cifre stratosferiche che non sembrano
rientrare nelle reali intenzioni del governo greco. Nei giorni
scorsi, infatti, una speciale commissione presieduta dall’ex
direttore generale del Tesoro, Panagiotis Karakousis, ha indicato il
debito tedesco nei confronti della Grecia in 11 miliardi di euro. La
cifra non contempla la voce riguardante le riparazioni per i danni
subiti durante l’occupazione tedesca dal 1941 al 1944 che invece fa
parte del conteggio
Per
comprendere il contenzioso, però, occorre approfondire due altre
vicende: la Conferenza di Londra del 1953, con la quale sono stati
annullati gran parte dei debiti di guerra della Germania e il
trattato di riunificazione della Germania del 1990 siglato a Mosca.
Nel primo
grande appuntamento internazionale dopo la Seconda guerra mondiale,
gli alleati occidentali (Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Belgio,
Olanda e molti altri) decisero quello che oggi è impedito alla
Grecia: una riduzione del 62,5% del debito tedesco.
Questo
ammontava a 22,6 miliardi di marchi per la parte anteriore alla
guerra e a 16,2 miliardi cumulato dopo la Seconda guerra mondiale. Fu
ridotto a 14,5 miliardi e alla Germania furono garantiti altri
benefici importanti: il rimborso in marchi, un tetto al rimborso
annuo fissato al 5% dei redditi provenienti dalle esportazioni, un
tasso di interesse oscillante tra lo zero e il 5%. Anche grazie a
queste condizioni la Germania uscì dalla sconfitta disastrosa e
divenne la potenza che è.
In quella
conferenza, all’articolo 5 dell’accordo, si stabilì peraltro che
“l’esame dei crediti scaturiti dalla Seconda mondiale dei Paesi
in guerra con la Germania oppure occupati (…) saranno differiti
fino al regolamento definitivo del problema delle Riparazioni”. Un
rinvio sine die che impedì che la Grecia potesse beneficiare del
rimborso dovuto.
Il sine die
si è prolungato fino al 1990 quando si è verificata l’unificazione
delle due Germanie e la vera fine geopolitica del periodo
post-bellico. Il Trattato di Mosca del 1990, il cosiddetto trattato
4+2 (siglato dalla Repubblica federale e dalla Repubblica democratica
di Germania insieme a Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Unione
sovietica) non fa però alcuna menzione dei debiti di guerra e del
capitolo delle Riparazioni. Ed è proprio su questo appiglio
giuridico che si lega la posizione tedesca: non essendo menzionato il
problema, si intende risolto. L’interpretazione è riportata nelle
note all’accordo redatte dall’allora direttore degli affari
politici del ministero degli Esteri francese, Bertrand Dufourcq: “Il
trattato di Mosca non contiene tutte le clausole di un trattato di
pace (…) in particolare non menziona il problema delle
riparazioni”. Tuttavia, sottolinea ancora il diplomatico francese,
il documento contiene “aspetti essenziali di un trattato di pace”
ed è proprio “per il suo non-detto che mette davvero fine al
periodo aperto nel 1945”.
Il
contenzioso è molto raffinato e probabilmente non se ne farà nulla.
Ma Atene ha deciso di tirare fuori la vicenda per avere più armi
nella difficile trattativa con l’Europa. Il rapporto Karakousis,
infatti, sarà girato al ministro degli Esteri il quale dovrà
inviarlo all’Avvocatura di Stato. Inoltre, dovrebbe essere
insediata una apposita commissione per consigliare il governo sulla
strada da seguire. Per il momento, a giudicare dalle reazioni
tedesche, la mossa di Tsipras ha ottenuto l’effetto di innervosire
Berlino. E forse anche questo autorizza Tsipras alla dichiarazione
fatta ieri dopo l’incontro con il collega austriaco: “È
nell’interesse di tutti trovare una soluzione favorevole a tutti”,
ha detto in previsione dell’incontro di domani a Bruxelles dei
ministri dell’Eurozona: “Ecco perché sono molto ottimista.
Finora non abbiamo sentito nessuna alternativa praticabile rispetto a
quella che noi abbiamo proposto. Non vi è ragione per non
raggiungere un accordo, a parte motivi politici”.