Non
avrei molto da aggiungere a quanto è stato scritto sui giornali a
proposito del caso "Shalabayeva",
in questi giorni ci siamo fatti una cultura a proposito delle
peripezie della famiglia kazaka e del lontano e sconosciuto paese dal
quale provengono.
Riassumo
i fatti in due parole: la notte del 28 maggio 2013 Alma Shalabayeva,
moglie dell’imprenditore e dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, è
stata arrestata da agenti della questura di Roma, insieme alla figlia
di sei anni, mentre si trovava in una villa a Casal Palocco, alla
periferia di Roma. Le forze dell’ordine, che agivano su richiesta
delle autorità del Kazakistan, cercavano suo marito che non era in
casa, così Shalabayeva è stata arrestata con l’accusa di
possedere un passaporto falso.
Il
31 maggio la donna e la bambina sono state imbarcate su un aereo
diretto in Kazakistan, dove ora sono agli arresti domiciliari.
Il
5 luglio una sentenza del tribunale di Roma ha condannato l’operato
della questura di Roma, dichiarando che il passaporto della
Repubblica Centroafricana di Alma Shalabayeva è valido. Così è
nato il caso politico.
Cercando
di essere ancora più sintetici si potrebbe riassumere in questo
modo: due persone inermi, che non hanno violato la legge in Italia,
sono state consegnate alle autorità di un paese che non è certo un
modello di democrazia, governato da un despota che guarda caso è un
nemico giurato del marito dell'una che è e padre dell'altra.
Poi,
sempre per puro caso, questo despota è amico stretto del più
importante e influente politico italiano. Chi pensa male è
prevenuto.
Quello
che mi ha impressionato è che i vari ministri coinvolti nel caso,
Alfano, la Bonino, la Cancellieri, senza aver fatto prima una
verifica, sin dal primo momento si sono affrettati a rassicurare i
giornalisti sulla correttezza dell'operazione: tutto in regola e
secondo la legge, tutte le procedure sono state
seguite alla perfezione.
Invece
la faccenda presenta palesi contraddizioni che saltano all'occhio al
primo esame: Il
30 maggio il prefetto di Roma ha firmato il decreto di espulsione
della donna kazaka e di sua figlia adducendo dei fantomatici
“precedenti penali” di cui non c’è traccia da nessuna parte.
Poi
l’aereo che ha rimpatriato le due donne in Kazakistan è stato
noleggiato in Austria dall’ambasciata kazaka prima che il giudice
di Pace decretasse l’espulsione, come se i diplomatici fossero già
al corrente dell’esito del procedimento.
Poi
la cosa più sconvolgente è che nell'informativa letta
dal ministro degli Interni in senato l'altro ieri si parla del
«rimpatrio delle due donne kazake», omettendo, all'interno di
questa formula burocratica, una verità scomoda: che una delle due
«donne kazake» è in realtà una bambina di sei anni e che, dunque,
per la Convenzione ONU sui Diritti dell'infanzia sottoscritta
dall'Italia nel 1989 non
era possibile in nessun caso espellerla.
(vedi
il bellissimo articolo di Raffaele K. Salinari "Quer
pasticciaccio di Casal Palocco" su il
manifesto
del 18 luglio 2013)
per
approfondire:
Nursultan
Nazarbaev, Mukhtar
Ablyazov
Nessun commento:
Posta un commento