sabato 20 luglio 2013

Due infelici donne kazake



Non avrei molto da aggiungere a quanto è stato scritto sui giornali a proposito del caso "Shalabayeva", in questi giorni ci siamo fatti una cultura a proposito delle peripezie della famiglia kazaka e del lontano e sconosciuto paese dal quale provengono.
Riassumo i fatti in due parole: la notte del 28 maggio 2013 Alma Shalabayeva, moglie dell’imprenditore e dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, è stata arrestata da agenti della questura di Roma, insieme alla figlia di sei anni, mentre si trovava in una villa a Casal Palocco, alla periferia di Roma. Le forze dell’ordine, che agivano su richiesta delle autorità del Kazakistan, cercavano suo marito che non era in casa, così Shalabayeva è stata arrestata con l’accusa di possedere un passaporto falso.
Il 31 maggio la donna e la bambina sono state imbarcate su un aereo diretto in Kazakistan, dove ora sono agli arresti domiciliari.
Il 5 luglio una sentenza del tribunale di Roma ha condannato l’operato della questura di Roma, dichiarando che il passaporto della Repubblica Centroafricana di Alma Shalabayeva è valido. Così è nato il caso politico.
Cercando di essere ancora più sintetici si potrebbe riassumere in questo modo: due persone inermi, che non hanno violato la legge in Italia, sono state consegnate alle autorità di un paese che non è certo un modello di democrazia, governato da un despota che guarda caso è un nemico giurato del marito dell'una che è e padre dell'altra.
Poi, sempre per puro caso, questo despota è amico stretto del più importante e influente politico italiano. Chi pensa male è prevenuto.
Quello che mi ha impressionato è che i vari ministri coinvolti nel caso, Alfano, la Bonino, la Cancellieri, senza aver fatto prima una verifica, sin dal primo momento si sono affrettati a rassicurare i giornalisti sulla correttezza dell'operazione: tutto in regola e secondo la legge, tutte le procedure sono state seguite alla perfezione.
Invece la faccenda presenta palesi contraddizioni che saltano all'occhio al primo esame: Il 30 maggio il prefetto di Roma ha firmato il decreto di espulsione della donna kazaka e di sua figlia adducendo dei fantomatici “precedenti penali” di cui non c’è traccia da nessuna parte.
Poi l’aereo che ha rimpatriato le due donne in Kazakistan è stato noleggiato in Austria dall’ambasciata kazaka prima che il giudice di Pace decretasse l’espulsione, come se i diplomatici fossero già al corrente dell’esito del procedimento.
Poi la cosa più sconvolgente è che nell'informativa letta dal ministro degli Interni in senato l'altro ieri si parla del «rimpatrio delle due donne kazake», omettendo, all'interno di questa formula burocratica, una verità scomoda: che una delle due «donne kazake» è in realtà una bambina di sei anni e che, dunque, per la Convenzione ONU sui Diritti dell'infanzia sottoscritta dall'Italia nel 1989 non era possibile in nessun caso espellerla.
(vedi il bellissimo articolo di Raffaele K. Salinari "Quer pasticciaccio di Casal Palocco" su il manifesto del 18 luglio 2013)

per approfondire:










Nursultan Nazarbaev, Mukhtar Ablyazov

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