domenica 23 giugno 2013

JPMorgan e democrazia: un rapporto conflittuale


Il 28 maggio scorso il colosso finanziario statunitense JP Morgan ha emesso un rapporto dove viene preso in esame il processo di aggiustamento degli squilibri macro-economici dei paesi del sud. Senza tanti giri di parole, come causa per l'inefficacia delle politiche di ripresa e di integrazione economica vengono denunciati la ... troppa democrazia, le tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori, il diritto di protestare, ecc.
La ricetta per uscire dalla crisi passa ovviamente attraverso l'adozione di "necessarie" riforme politiche ed economiche -ultraliberiste- il rafforzamento dell'esecutivo, la modifica delle Costituzioni impregnate di spirito socialista, abbattere delle stato sociale, più flessibilità, meno garanzie, la solita nenia che cantano all'unisono i conservatori e i finti progressisti da decenni ormai.
Il 5 giugno (probabilmente dopo ave letto questo rapporto) i deputati Pd Vinicio Peluffo, Andrea Martella, Dario Nardella, Roberto Giachetti e Antonio Misiani, hanno presentato una proposta di legge per la trasformazione del sistema politico istituzionale, dalla forma di governo parlamentare a quella di governo presidenziale. In mancanza di idee migliori meglio non ci rimane altro che consegnare il nostro futuro nelle mani di un caudillo, di un nuovo maresciallo Petain-
Per chi non sapesse di che si occupa la JPMorgan, cito da Wikipedia: la JPMorgan Chase & Co. è una società finanziaria con sede a New York, ed è leader nei servizi finanziari globali.
Nel 2012 la procura di New York denuncia per frode Bear Sterns e Emc Mortgage, del gruppo JP Morgan, per la truffa dei mutui subprime. Le perdite della Bear Sterns ammontano a 22,5 miliardi di dollari, hanno provocato la disoccupazione di 7 milioni di persone negli Stati Uniti d'America e la crisi che da un anno imperversa in tutti i paesi d'Europa.
Per approfondire:


21 giugno 2013
JP Morgan ha emesso un documento, nel quale viene presentata un’analisi del processo di aggiustamento degli squilibri macro-economici dei paesi del sud. Ma il documento non si limita a parlare di inflazione o di partite correnti. Entra nel merito dei “difetti” dei paesi del sud. A proposito dei limiti tipici di questi paesi, si dice:
Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica: debito pubblico troppo alto, problemi legati ai mutui e alle banche, tassi di cambio reali non convergenti, e varie rigidità strutturali. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea. Quando i politici tedeschi parlano di processi di riforma decennali, probabilmente hanno in mente sia riforme di tipo economico sia di tipo politico.
è singolare che si tracci questo parallelo tra ciò che è scaturito dalla lotta antifascista e ciò che non ci permette di integrarci adeguatamente nel sistema dell’euro. Il problema è chiaramente individuato nelle costituzioni. Per fortuna i politici tedeschi lo sanno. Ma andiamo avanti.
I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo.
Ecco arrivati al dunque: il complotto dei rossi. Aveva ragione Berlusconi, la nostra Costituzione è sovietica. Il fatto è che anche quella portoghese lo è. E non solo: in effetti tutti i popoli mediterranei sono dovuti uscire dal giogo di dittature fasciste o para-fasciste (negli anni ’70, sopratutto). Perciò hanno approntato delle leggi fondamentali che si distanziassero il più possibile dalla precedente esperienza. E ciò ne fa delle costituzioni inadatte all’eurozona.
I sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche:esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite  modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia).
Chiaramente, ci vogliono esecutivi più forti. Abbiamo già chiarito a cosa servano.I paesi del sud presentano dei sistemi politici improntati ad un odioso partecipazionismo, e non accolgono il sano principio che ci vogliono governi forti per attuare riforme coraggiose. Tipo quelle miranti a limitare i diritti dei lavoratori.
Come al solito, nulla è nascosto, nulla è celato, tutto è mainstream. L’aristocrazia finanziaria internazionale ci dice chiaramente che se vogliamo tenerci l’euro dobbiamo rinunciare alla Costituzione. Eduardo Galeano riporta nel suo libro “Specchi” di un graffito su un muro argentino, “ci pisciano in testa e ci dicono che piove“. Non è più vero. Ci pisciano in testa e ci dicono che ci pisciano in testa.
Di: Claudio Martini
Da: il-main-stream.blogspot.it


JP Morgan “Troppa democrazia. E la crisi resta”

Scritto da LUCA PISAPIA, IL FATTO QUOTIDIANO | 22 giugno 2013
Il più grande ostacolo alle diffusione delle politiche liberiste di austerity nell’Europa meridionale sono le Carte costituzionali, nate dalla resistenza e dall’antifascismo, che impediscono le necessarie riforme strutturali perché tutelano troppo i lavoratori, dando loro addirittura “licenza di protestare”.
Per questo bisogna sbarazzarsene al più presto. Lo scrive in un rapporto datato 28 maggio 2013 il colosso finanziario statunitense Jp Morgan: una di quelle società formalmente denunciate nel 2012 dal governo federale americano come responsabile della crisi dei subprime del 2008. Dal suo ufficio londinese Malcolm Barr, uno dei principali estensori del documento di JP Morgan, preferisce non rilasciare dichiarazioni, ma conferma tutto quanto è scritto a pagina 12 e 13 del documento. Si comincia con l’analisi delle difficoltà d’integrazione degli Stati meridionali dell’Eurozona: “Quando la crisi è iniziata era diffusa l'idea che questi limiti intrinseci (all’attuazione delle politiche di austerity, ndr) avessero natura prettamente economica (…) Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell'area europea”. Poi, detto che le politiche neoliberiste non riescono ad avere mano libera per ostacoli di natura politica, gli autori cercano la radice di questi problemi, e la individuano nelle Costituzioni antifasciste, impregnate di socialismo: “I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell'esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo”. Infine, ecco centrato l’obiettivo: “I sistemi politici e costituzionali del sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei Parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; (…) la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo (…) Vi è una crescente consapevolezza della portata di questo problema, sia nel centro che nella periferia dell'Europa”.
Il documento di Jp Morgan ha ovviamente sollevato molte polemiche, secondo diversi analisti per la prima volta è stata infatti scritta nero su bianco la vera strategia con cui la finanza mondiale vuole imporsi nei paesi dell’Eurozona: la dismissione delle Costituzioni antifasciste, e delle tutele che le Carte costituzionali garantiscono in materia di lavoro.


giovedì 13 giugno 2013

UNA LEZIONE DI DEMOCRAZIA: MULTE ALLE TV TURCHE CHE TRASMETTONO LE PROTESTE

“ … Il Consiglio Supremo della Radio e della Tv (Rtuk) turco, organismo di controllo nominato dal governo Erdogan, ha multato le piccole tv che hanno trasmesso in diretta le manifestazioni di protesta. Lo riferisce Hurriyet online.
Rtuk motiva così la sanzione: ”Hanno danneggiato lo sviluppo fisico,morale e mentale di bimbi e giovani”.
Fra le emittenti multate c’è anche Halk Tv, una piccola tv privata vicina all’opposizione che ha avuto un enorme aumento di popolarità nelle ultime settimane per essere stata la sola a coprire in diretta continua le manifestazioni.
Gli oppositori hanno denunciato il silenzio sulla protesta, su pressione del governo, delle grandi Tv di informazione, che hanno trasmesso fra l’altro due settimane fa soap o documentari sui pinguini durante i primi duri scontri di Taksim”.

Una lezione di pluralismo, non c'è che dire, ma tutto sommato non è stata una brutta idea, devono aver pensato i nostri governanti, se il governo della vicina Grecia può permettersi di chiudere 3 canali tv e 28 radio da un giorno all'altro, una multa per aver trasmesso cose sgradevoli al governo può sembrare una cosa da niente.

Lo dichiara il ministro degli Esteri Emma Bonino, riferendo alla Camera sulla situazione in Turchia. “Un esame di maturità per il governo turco ... Ma dobbiamo evitare l’errore di guardare alla Turchia con l’ottica ingannata da modelli illusori. Si è sentito parlare di ‘primavera turca – ha sottolineato il ministro -, ma non è così. I turchi non sono arabi, e queste manifestazioni ricordano maggiormente quelle che abbiamo visto nelle nostre capitali, come occupy wall street. In Turchia – ha detto ancora Bonino - c’è un malessere diffuso causato anche dalle aggressioni subite dalla stampa ma anche dal mondo femminile. Un malessere acuto dovuto anche ad alcune scelte del governo e alle privazioni di alcune libertà personali... La Turchia è chiamata a decidere se vuole diventare una democrazia matura. Occorre continuare a incoraggiare l’adesione di principi di pluralismo. Vogliamo una Turchia – ha concluso - pienamente democratica in Europa. Per raggiungere questo obiettivo occorrono leadership lungimiranti da una parte e dell’altra. 

Ma se la Bonino è ambigua e non prende una posizione di chiara condanna, i nostri amici del PD sono ancora più comprensivi. Infatti leggo che...

Il futuro e il presente della Turchia ci interessa perché da lì parte e passa anche il futuro della costruzione europea. Abbiamo a cuore il futuro della Turchia perché abbiamo a cuore come noi costruiamo uno nuovo spazio di valori e cooperazione per costruire la pace e la democrazia”. Lo ha detto Vincenzo Amendola, capogruppo Pd in commissione Esteri durante il dibattito sull’informativa del ministro degli Esteri, Emma Bonino, sui recenti scontri in Turchia.
Siamo preoccupati - ha proseguito Amendola - per gli eventi che si stanno susseguendo dalla sera del 31 maggio; possiamo riflettere su di noi, su la costruzione dell’identità europea e sulla mancanza di coerenza tra valori europei e prassi quotidiana. Davanti a fatti drammatici come quelli che stanno accadendo in Turchia in questi giorni non sono ammissibili assoluzioni ma neanche affermazioni come ‘la pazienza ha un limite’. Piazza Taksim non è piazza Tahrir perché la Turchia ha avviato un cammino democratico da decenni. La nostra forza di europei che vogliono la Turchia dentro uno spazio comune di valori (sono curioso di capire qual'è secondo Amendola lo spazio comune di valori tra Erdogan e il Partito Democratico), democrazia e cooperazione fa sì che noi possiamo giocare un ruolo importante in queste ore, come il ministro Bonino sta facendo con parole chiare e di grande amicizia”.

Quindi la Turchia ha avviato un cammino democratico da decenni. Oppure dobbiamo dire così per non creare incidenti diplomatici. Oppure tutto sommato un modello di repubblica autoritaria, violenta, oscurantista, neoliberista ci sta anche bene, anzi bisognerebbe importarlo anche da noi in Italia.